14 Maggio 2025
Culture

La Grandezza Svelata nella Perdita

Nella memoria collettiva, la grandezza di una persona spesso si manifesta pienamente solo dopo la sua morte.  Quando una figura importante ci lascia, come Papa Francesco o figure più remote come Gesù, il loro impatto e la loro eredità si illuminano di una nuova luce di maggiore intensità. Le loro parole e azioni assumono un significato più profondo, e molti uomini che non li avevano apprezzati, forse per la prima volta, cominciano davvero a riflettere su cosa hanno lasciato dietro di loro. L’umanità si interroga: cosa resta di loro? Cos’è che ha trasformato le loro vite e il loro sacrificio in pensieri e azioni che resistono al tempo?

La morte è una lente. Essa libera il messaggio da distrazioni, polemiche e interessi immediati, permettendo alla sostanza di brillare con chiarezza. E’ successo anche con Gesù, prima della crocifissione, persino i suoi seguaci lo hanno tradito e rinnegato.  Dopo la sua morte, tuttavia, il mondo ha conosciuto i primi martiri, uomini e donne disposti a sacrificare la propria vita per un messaggio che sentivano eterno. Un esempio emblematico è quello di Santo Stefano, il primo martire cristiano. Stefano, uomo di profonda fede e impegno, fu accusato ingiustamente e lapidato per il suo sostegno al messaggio di Gesù Cristo. La sua morte non fu vana; Stefano divenne simbolo di coraggio e dedizione, ispirando altri a seguire la stessa strada. Il suo sacrificio segnò l’inizio di una lunga tradizione di martiri, uomini e donne disposti a perdere la vita per un ideale più grande di loro stessi. Anche oggi, la storia ripete questo ciclo: la grandezza di molti leader emerge postuma, mentre il loro spirito continua a ispirare e guidare.

Questa dinamica ci invita a guardare oltre le apparenze e a prestare attenzione non solo alle azioni immediate, ma anche al loro significato nel tempo. Forse dovremmo imparare a riconoscere la grandezza di una persona quando è viva, per darle il valore che merita e dare al mondo un esempio di grandi virtù.

Ma cosa spinge l’uomo a rivalutare la grandezza solo dopo la perdita? La psicologia umana gioca un ruolo cruciale in questo processo. Gli esseri umani tendono a concentrarsi su ciò che è visibile e tangibile nel presente, spesso ignorando il potenziale a lungo termine di un individuo. La morte, però, rompe questa dinamica. Ciò che prima era parte dell’immediato, ciò che era cronaca, diventa storia.  È come se la fine di una vita mettesse gli uomini di fronte ad uno specchio, che non riflette la loro immagine, ma quella dell’altro, che non avevano capito e apprezzato.

La morte è anche un momento di riflessione collettiva.  Questa dinamica non è limitata al passato: Gesù, come abbiamo ricordato ne è l’esempio più eloquente, ma anche oggi, figure come Papa Francesco ci invitano a riflettere sulla loro eredità e sul loro impatto.

Forse dovremmo imparare a vedere con maggiore profondità ciò che abbiamo davanti, affinché il valore eterno delle azioni e delle parole non venga scoperto troppo tardi.

 

Domenico Nardo

Presidente dell'"Associazione Culturale Rachele Nardo-LLFF", avvocato, docente di discipline giuridiche ed economiche presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, scrittore, conduttore radiofonico.