11 Dicembre 2024
Welness

Come gli imprenditori possono scongiurare il rischio di malattia professionale

Il rischio che un dipendente contragga una malattia professionale è spesso alto. Il problema non è limitato alle sole attività manuali ma riguarda anche le attività che richiedono l’utilizzo dell’intelletto più che del corpo.

Quando un dipendente contrae una malattia professionale, a patirne è anche il datore di lavoro. Per questioni etiche, certo. Di affetto, magari. Nondimeno, economiche

Nella migliore delle ipotesi, la malattia professionale è acuta, e quindi pone in essere la possibilità di una soluzione rapida. Nella peggiore delle ipotesi è cronica, quindi o limita il lavoratore nelle sue performance o lo mette fuori gioco in via definitiva. 

E’ bene, quindi, che il datore di lavoro riduca al massimo il rischio di malattia professionale per i suoi dipendenti. E’ il classico sforzo che dà un risultato win-win. Insomma, ci guadagnano tutti: il datore di lavoro, che non vede compromettere la qualità della sua forza lavoro (al di là di ogni considerazione di tipo emotivo); il lavoratore, che può preservare il proprio stato di benessere psicofisico.

Malattia professionale: un problema di dimensioni importanti

Per inciso, l’espressione “malattia professionale” indica una patologia che il lavoratore contrae nel luogo di lavoro e a causa del lavoro stesso. A incidere può essere la tipologia di attività, un protocollo sbagliato o semplicemente arduo da rispettare, fattori ambientali etc. Non sempre – anzi spesso non è così – la malattia professionale nasconde una colpa da parte di chicchessia. Può semplicemente… Capitare.

E purtroppo capita spesso. A fare fede, sono i rapporti che annualmente l’INAIL pubblica sui suoi canali. Si parla di svariate decine di migliaia di segnalazioni all’anno. Nel 2019, l’ente ha registrato più di 60mila segnalazioni. Nel 2020 sono state molte di meno, ma solo perché per un paio di mesi buona parte delle attività sono state chiuse a causa del lockdown “strong” predisposto nella prima fase dell’epidemia. 

A testimonianza che il rischio di malattia professionale è fisiologico, vi è un dato: le incidenze sono simili – in proporzione alla popolazione – negli altri paesi d’Europa

Per quanto concerne le tipologie di malattie professionali, a dominare le statistiche sono (come sempre) le patologie a carico dei muscoli, delle ossa e delle articolazioni. Seguono le patologie a carico del sistema nervoso, quelle a carico dell’orecchio (il riferimento è ai forti rumori che alcuni lavoratori devono sopportare). 

Una soluzione: la nomina del medico competente

Come risolvere il problema delle malattie professionali? Chiariamo un punto. Le malattie professionali ci sono e ci saranno sempre: il rischio zero non esiste. E’ possibile però abbassarlo, questo rischio. Un modo è la nomina del medico competente.

Il medico competente, detto anche medico del lavoro, è un professionista della salute che tutela la salute dei dipendenti. Lo fa nel rispetto delle norme e dei protocolli stabiliti dal legislatore, che da almeno tredici anni ne ha standardizza l’attività, pur garantendogli sufficiente margine di manovra.

Nello specifico, il medico competente analizza le attività e gli ambienti di lavoro. Sulla base di queste analisi, e dei rischi che rintraccia, redige un protocollo sanitario

Questo documento riporta le tipologie di visite cui sottoporre i dipendenti e la frequenza delle visite stesse. Insomma, il medico competente monitora lo stato di salute dei dipendenti, in modo da intervenire prima ancora che si sviuppino le malattie professionali.

Ovviamente, il medico competente esegue visite anche al di là del protocollo, quindi in via straordinaria. Per esempio, esegue visite per stabilire l’idoneità dei nuovi assunti; per ri-stabilire l’idoneità di chi ha usufruito di un periodi di malattia etc. In linea di massima, esegue visite su richiesta, ogni qualvolta un lavoratore avverte la necessità di essere visitato.

La questione degli obblighi

Abbiamo presentato la nomina del medico competente come una buona opportunità per ridurre l’incidenza della malattia professionale. In realtà, spesso vi è l’obbligo specifico di nominare un medico competente.

Secondo quanto stabilito dal legislatore, le aziende / imprese / entità pubbliche o private che impongono attività di un certo tipo devono nominare un medico competente. Le attività in questione sono molteplici, e riguardano la movimentazione di carichi pesanti piuttosto che l’esposizione ad agenti chimici; il mantenimento di una posizione scomoda per lunghi periodi di tempo piuttosto che l’uso di videoterminali senza soluzione di continuità etc.

Per approfondire la questione, vi consigliamo di dare un’occhiata a questa pagina, che spiega approfonditamente le questioni inerenti alla medicina del lavoro e agli obblighi del datore di lavoro. La pagine è del dott. Umberto Schiavo, medico competente operante a Padova e Vicenza, dunque piuttosto addentro alla questione.In ogni caso, anche qualora non ci fosse un obbligo specifico, il consiglio è uno: nominare un medico competente. E’, come minimo, una figura utile e necessaria, in quanto garantisce il buon funzionamento dell’ambiente di lavoro, il mantenimento di buoni livelli di produttività e fa sì che i dipendenti percepiscano l’azienda come una realtà che li tutela, piuttosto che sfruttarli.