Addio a “Pinu de mastru ’Mbertu”, l’amico di una vita
“Pinu de mastru ‘Mbertu”. Era così che in paese tutti lo conoscevano e facevano riferimento a lui. Per me, degli amici il più caro, il più vicino, quello con cui sono rimasto legato per una vita, finchè il destino non ha deciso altrimenti. L’amico fedele che diventa tuo confessore, di pensieri, sentimenti, confidenze, segreti. Quello che rimane al tuo fianco, non chiede nulla e mostra invece tanta generosità, ti apre il cuore e ti offre il suo sostegno, la sicurezza di una spalla cui appoggiarti. Quello che ti consiglia e accetta con fiducia i tuoi suggerimenti.
Ho avuto il privilegio e la fortuna di vivere, fin dalla giovanissima età, fianco a fianco con Pino e mastru ‘Mbertu. “Mi scialu u vi viju insieme” mi ripeteva spesso il papà, e la nostra amicizia l’abbiamo consolidata condividendo tutto, dalla passione per il calcio giocato, dove lui eccelleva come pochi nel suo ruolo di mezzala, alla lunga pagina della politica nel Partito Repubblicano e poi anche L’ENDAS. Il cinema Mele a Pizzo, dove trovavamo, felice ad accoglierci, l’operatore nostro concittadino Gregorino Malta. La “Lampara”, dove, con i soldi contati andavo per una pizza e chiudere la serata. Eravamo un bel gruppo affiatato che aveva adottato, per riconoscerci, un particolare fischio cui non si poteva non rispondere: presente!
Come non ricordare ancora l’esperienza delle gite, i divertimenti durante i “martingala”, l’intensa e straordinaria attività in parrocchia e il legame familiare che si creava e ci coinvolgeva tutti, i presepi viventi dove tu incarnavi San Giuseppe per la folta barba, e tanto tanto altro condiviso per una vita. Quella che sognavamo, piena di speranze da realizzare e di cui, come abili architetti, provavamo a definirne i contorni e arricchire di contenuti e significato.
Tutto, però, ha un tempo che sfugge alle umane intenzioni e silenzioso, come a chiudere il cerchio, arriva a presentare il conto che non saremmo mai in grado di saldare. Così che ci sentiamo sospesi con l’idea che prima o poi ad ognuno toccherà l’umana sorte di non avere più quel tempo, perché arriverà senza avvisare, di sentire il “suono sordo della viola d’inverno” (Vecchioni). Allora penso come ad uno ad uno siete andati via per non tornare più. E sarà così fino alla fine del mondo. Raccolgo intanto la mia tristezza e la bevo tutta in quel calice amaro che la vita prepara ad ognuno ma non aiuta a dissetare.
Caro Pino, non era questa la vita che avevamo immaginato. Accompagnandomi con la mia chitarra e guardando le stelle, in quelle indimenticabili notti al mare, vicino al fuoco, quanti amorevoli sentimenti esprimevamo con la nostra gioventù senza confini. Tu eri felice di tenere per mano la tua Ines, e gli occhi ti lucevano in quell’immenso piacere di averla al fianco. Troppo presto si è rotto quell’incanto che ci ha visti testimoni coscienti delle amarezze che la vita ti riservava. Eravamo tutti coinvolti e ti siamo stati vicini mentre il tuo cuore sanguinava con due figli da crescere.
Si trascina pesante la penna e mi impedisce di proseguire. Eppure avrei tante cose da dire e dirti. Forse un giorno, se avrò il tempo, racconterò a Nico e Francesco, di quanto forte fosse il nostro legame e che persona speciale sei stato. Con te va via una parte importante di me. Salutami Mario ed Armando che tu sai quanto affetto nutrissero per te. Insieme a loro avrai sempre un posto particolare dentro di me che resto qui, a piangervi e a spargere fiori sulle vostre sacre spoglie. Ora vai amico mio, il Paradiso ti attende!
