La Sardegna per tre secoli ha fatto parte della Spagna
Dal XIV all’inizio del XVIII secolo la Sardegna era Spagna. Infatti è stata amministrata prima dal regno d’Aragona e poi, dopo l’unione di questo con il Regno di Castiglia, dalla nuova corona di Spagna. Gli Spagnoli modificarono la politica e l’economia dell’isola, ma anche le tradizioni. La dominazione spagnola infatti è durata per tre lunghi secoli.
L’esercito del regno d’Aragona entrò in Sardegna nel 1323 e iniziò a governare l’isola nel 1326. Nel Medioevo la Sardegna era divisa in Giudicati. I Giudici agivano come dei re, ma il loro potere era limitato e controllato dalla corona de logu, un’istituzione che aveva prerogative simili a quelle di un parlamento e di una corte di giustizia, e dalle cartas de logu, dei decreti che sono stati assimilati a delle primitive costituzioni. A partire dall’XI secolo avevano già fatto il loro ingresso nella politica sarda le due repubbliche marinare di Pisa e Genova. L’entrata in scena delle due ricche città aveva destabilizzato la solidità dei Giudicati, che uno dopo l’altro iniziarono a cadere. L’unico dei Giudicati che era sopravvissuto all’inizio del Trecento era il Giudicato di Arborea, con capitale Oristano, quello più ricco ed esteso.
Per dirimere una controversia fra Aragonesi e Angioini sul possesso della Sicilia, nel 1297 Papa Bonifacio VIII (1235-1303) decise di concedere ai Catalani il possesso della Sardegna, come una sorta di indennizzo per la perdita della Sicilia. Il Papa creò il Regno di Sardegna, da assegnare agli Aragonesi, a patto che essi andassero a conquistarselo da soli. Nel 1323 l’esercito catalano sbarcò nella Sardegna meridionale, comandato dal principe Alfonso d’Aragona (1299-1336), con l’obiettivo di conquistare Cagliari, controllata da Pisa. La città toscana fu costretta a firmare la resa nel 1326, cedendo alla corona d’Aragona i suoi enormi territori nella parte meridionale e orientale dell’isola. Il regno di Sardegna, amministrato dai Catalani, era stato istituito.
L’arrivo in Sardegna degli Aragonesi inaugurò quasi un secolo di guerra perenne sull’isola. Nonostante l’Arborea avesse visto di buon occhio l’invasione catalana in funzione antipisana, i Sardi si accorsero che il regno d’Aragona era più pericoloso per il controllo dell’isola di quanto lo fossero state Pisa e Genova. Nel giro di alcuni anni, a metà del secolo, il Giudicato d’Arborea scese in guerra contro gli Aragonesi, questa volta alleandosi con Genova. La guerra fu lunga e a fasi alterne, con numerosi colpi di mano e ribaltamenti, ma gli Aragonesi ne uscirono vincitori e nel 1420 l’ultimo giudice, il francese Guglielmo II di Narbona (1370-1424), vendette agli Aragonesi gli ultimi territori sardi indipendenti. Da quel momento in poi, il regno di Sardegna aragonese dominò su tutta l’isola.
La lunga guerra tra i Catalani e il Giudicato di Arborea aveva contribuito alla stagnazione economica dell’isola, insieme a fame e pestilenze. Per tutto il periodo della dominazione iberica poi, la Sardegna venne sfruttata per le sue risorse naturali e umane. Il governo spagnolo non fu molto diverso rispetto a quello applicato negli altri territori dell’impero.
Per dirimere la questione sulla successione al trono di Spagna, nel 1701 scoppiò la guerra di successione spagnola, che si concluse nel 1714 con un riassestamento generale della politica europea. La Spagna dovette cedere la corona di Sardegna all’Austria, ma il governo austriaco durò per appena quattro anni, perché nel 1718 l’isola venne ceduta alla dinastia piemontese dei duchi di Savoia, che da quel momento in poi si sarebbero fregiati del titolo di Re di Sardegna.
La cultura sarda è stata influenzata dalla cultura catalana prima e da quella spagnola poi. Due delle città più importanti dell’isola, Cagliari e Alghero, vennero ripopolate da persone di lingua catalana, e ad Alghero ancora oggi è parlato l’alguerés, un dialetto catalano. Quando gli Aragonesi presero il controllo dell’isola imposero la loro lingua nel governo e nell’amministrazione. All’interno della lingua sarda sono giunti molti catalanismi: ulleras, da ulleres, “occhiali”; calàsciu, da calaix, “cassetto”; busaca, da butxaca, “tasca”, sindria, “anguria”, solo per citare alcune parole di uso comune. Tra i toponimi abbiamo invece Elmas (El mas, casa di campagna), Monserrato (Montserrat, santuario mariano vicino a Barcellona), Portoscuso (Port Escus, “porto nascosto”), Sarroch (Roc, roccia). In Sardegna ci sono ancora cognomi di origine spagnola come Alvarez, Lopez, Perez e Rodriguez.
Tra il ‘500 e il ‘600 la lingua spagnola castigliana prese il sopravvento sul catalano in Sardegna. Anche in questo caso, molte parole di uso comune della lingua sarda derivano dallo spagnolo: bentana, da ventana, “finestra”; mesa, “tavola”; serrai, da cerrar, “chiudere”, muntone, da montón, “molto, un mucchio” sono solo alcuni esempi. L’influenza iberica non si limitò solo alla lingua. Molti culti religiosi e tradizioni giunsero in Sardegna dalla Spagna. Alcuni esempi sono i riti della settimana santa, affini a quelli della Sicilia, fra cui quelli che coinvolgono le confraternite religiose degli incappucciati.