Attenzione al caffè: può ridurre l’efficacia di alcuni farmaci, soprattutto per tiroide e osteoporosi
Bere una tazzina di caffè al mattino è un rito irrinunciabile per molti, ma potrebbe interferire con l’assorbimento e l’efficacia di diversi farmaci. Lo evidenzia un articolo pubblicato su The Conversation che analizza l’effetto della caffeina – contenuta non solo nel caffè ma anche in bibite energetiche – sulla farmacocinetica di numerosi principi attivi.
Interazioni sottovalutate
Secondo Dipa Kamdar, docente di Farmacia Clinica alla Kingston University e autrice dello studio, una delle interazioni più importanti riguarda la levotiroxina, farmaco largamente prescritto per i disturbi della tiroide. Se assunta insieme al caffè, la sua efficacia può ridursi fino al 50%, provocando sintomi come affaticamento, aumento di peso e depressione. Stesso discorso per l’alendronato, utilizzato nella cura dell’osteoporosi, il cui assorbimento può risultare significativamente compromesso, accelerando il decorso della malattia.
Effetti su cuore, reni e sistema nervoso
La caffeina, stimolante del sistema nervoso centrale, può amplificare gli effetti di altri farmaci eccitanti, come quelli per il raffreddore contenenti pseudoefedrina, o quelli per l’ADHD e l’asma, provocando insonnia, tachicardia e mal di testa. Può anche interferire con i farmaci per ipertensione e aritmie, innalzando temporaneamente pressione e frequenza cardiaca.
Inoltre, alcuni analgesici da banco (es. paracetamolo o aspirina) contengono già caffeina, che ne accelera l’azione ma può aumentare il rischio di irritazioni gastriche e sanguinamenti. Non vanno trascurati nemmeno gli effetti diuretici della caffeina, che possono causare disidratazione se assunta in grandi quantità.
Genetica e metabolismo: non tutti reagiamo allo stesso modo
Come spiega Matteo Floris, genetista dell’Università di Sassari, esistono differenze genetiche che influenzano la risposta individuale ai farmaci e alla caffeina. La velocità con cui il corpo metabolizza queste sostanze dipende, tra l’altro, dal gene CYP1A2, responsabile della degradazione della caffeina nel fegato. Fattori come età, funzionalità epatica e abitudini (come il fumo) incidono ulteriormente sulla velocità del metabolismo.
Il consiglio degli esperti
La soluzione? Prendere i farmaci a stomaco vuoto, solo con acqua, e attendere 30–60 minuti prima di bere il caffè. Un piccolo accorgimento che può fare una grande differenza nella riuscita della terapia. Perché anche i gesti più semplici, come sorseggiare un espresso, vanno compiuti con consapevolezza.