La Brigata Catanzaro, analisi storica di Vincenzo Pata, tra i grandi storici italiani sul tema della Grande Guerra
Vincenzo Pata, laureato in Storia, Antropologie e Religioni all’Università La Sapienza di Roma. Vincenzo ha 25 anni, sogna di diventare professore di storia ed è uno scrittore e storico contemporaneo specializzato sul tema della Grande Guerra e, soprattutto, sulla Brigata Catanzaro.
Come nasce la sua passione per la storia e, soprattutto, per la Prima Guerra Mondiale?
Vedi?! Mi sono appassionato alla storia ancora prima di imparare a leggere. Amavo ascoltare i miei genitori che mi raccontavano un pò di tutto sulle vicende del nostro Mondo e, infatti, anche se sono uno storico contemporaneo, mi sono sempre interessato ad ogni lato e ad ogni momento del nostro Pianeta.
La storia, in fondo, è un piccolo delirio di onnipotenza, ci fa pensare di poter conoscere ogni istante di ogni persona che abbia mai calpestato questa Terra. Questo ci insegna che ogni individuo è importante ma, e ne abbiamo bisogno oggi più che mai, ci fa sentire soprattutto meno soli.
La Grande Guerra come mio principale argomento di studio, invece, è stata una scelta che, in primis, si è basata su un motivo abbastanza semplice: è l’unica Guerra Mondiale alla quale i miei antenati hanno partecipato.
Francesco Pata (Bersagliere) e Serafino Pierri (Cavaliere di Vittorio Veneto), i miei bisnonni, sono sempre stati tra i miei punti di riferimento fin da bambino; due personaggi che, attraverso le parole dei miei nonni e genitori, hanno preso la forma di due supereroi.
La scelta della Grande Guerra come argomento di studio, poi, per una persona come me che ha in particolare considerazione la Patria e il mestiere del soldato, risulta una scelta quasi obbligata. Studiare la Grande Guerra, soprattutto sul nostro fronte, vuol dire rendersi conto che, anche in mezzo alla tragedia, il fiore della tenacia non muore, vuol dire capire che la giovinezza, assieme al desiderio e ad una goccia di sconsideratezza, può cancellare l’impossibile, significa comprendere la brevissima distanza che ci separa dallo straordinario.
E invece la scelta della Brigata Catanzaro?
Se c’è una cosa di cui vado orgoglioso, quella è l’Italia, ma se mi chiedessi se c’è qualcosa di cui vado particolarmente orgoglioso, quella è la Calabria.
La Calabria è la mia terra d’origine, dove non sono nato ma dove ho potuto crescere; la terra che io amo chiamare “La Permalosa” poiché ha un territorio che, se sente di non essere amato, diventa repulsivo.
Iniziai una ricerca tra volumi e internet e lì, al margine, tra quelle righe, comparve la Brigata Catanzaro; fu amore a prima vista.
I fanti dei reggimenti 141° e 142° (Brigata Catanzaro), in maggioranza calabresi, furono tra i più decorati di tutto il conflitto. Scoprire che nel 1916, durante l’attacco austriaco nel Trentino, furono i fanti della Catanzaro, con la loro resistenza tenace, a ridare vigore all’intero Esercito Italiano, fu motivo di profondo orgoglio per me; soprattutto sapendo che entrambi i miei bisnonni erano fanti calabresi proprio come quelli. E poi, come tutte le più belle storie, continuando a leggere, arrivò la tragedia.
La Brigata Catanzaro è conosciuta nella storia per il suo coraggio, per il suo valore e per la più grande onta che il Regio Esercito subì sul fronte interno.
Nella notte tra il 15 e il 16 luglio del 1917 la Catanzaro, stremata da mesi di prima linea, venne privata del suo periodo di riposo e si rese protagonista del più grande ammutinamento mai avvenuto tra le fila dell’Esercito Italiano.
Diversi soldati e ufficiali persero la vita quella notte e la Brigata Catanzaro subì la crudele decimazione: 28 fucilati di cui, circa la metà, estratti a sorte.
Questo fece sì che la Brigata Catanzaro cadesse nell’oblio e, dal giorno in cui lessi la storia di quei fanti, mi ripromisi che le loro gloriose gesta mai sarebbero state dimenticate.
Sappiamo che ha anche dedicato un libro all’argomento, vero?
Si! Il libro si chiama “Invitti” ed è un “Fantasy-Storico”! Una serie di romanzi di cui presto uscirà il secondo volume! Con questo libro ho potuto raccontare (e racconterò ancora) della Brigata Catanzaro e della Grande Guerra, ho potuto insegnare (poiché il mio libro è costruito per i ragazzi, e chi scrive per i ragazzi poi scrive per tutti) e ho potuto dare un volto, un nome e una storia a quei fanti che molte volte sono appena citati nei libri o, assai più spesso, dimenticati (averlo fatto anche con i miei due bisnonni mi ha riempito di gioia).
Il motivo principale che mi ha spinto a scrivere, comunque, rimane sempre la mia mamma.
Con “Invitti” ho potuto finalmente rispondere alla grande domanda di mia madre:” Perché mio nonno era così triste?” ma, soprattutto, ho potuto dimostrarle che la morte non è la fine.
Mi spiego meglio, nel 2020 ho perso mio zio Pietro, il fratello minore di mia madre, e da quel momento ho iniziato a pensare a un modo per consolarla e per farle capire che suo fratello non se n’era mai andato.
Con quest’idea, e sapendo quanto mia madre ami leggere, è nato “Pietro”, il fante calabrese protagonista del mio romanzo che, da quando ha visto la luce, non ha mai smesso di farle compagnia