Il viaggio del ritorno: tra ricordi, emozioni e radici
C’è sempre qualcosa di misterioso che agita l’animo di chi parte.
I dubbi, le paure, le incertezze, fanno capolino e danzano nella mente di chi si appresta ad affrontare un viaggio, di andata. Non così è il ritorno che, invece, si vive con ben altro spirito ed altra predisposizione. Ci si prepara per tornare; intendo, spiritualmente, e sono tanti i modi di manifestare questo bisogno.
Sono momenti di grande euforia e di incontrollata eccitazione che ti portano a vivere le giornate con il pensiero connesso sulle immagini dei luoghi che già conosci e sulle persone che incontrerai o che non vedrai più, delle cose che vorresti trovare, che avevi lasciato. Così che anche in viaggio, mentre sei alla guida della tua automobile o in treno, continui a scandagliare con il pensiero, il luogo a te caro, quello dove sei nato, dove hai lasciato parte di te, dove hai vissuto momenti indimenticabili che nessun posto al mondo riesce a richiamarti con uguale intensità e trasporto, ad accoglierti con quel calore di madre.
Il luogo da cui non riusciresti mai a staccarti e che quando sei lontano fai rivivere costantemente nel dispiegarsi delle giornate. Così che quello che ami, e che sembra ti appartenga, è sempre lì, come un cordone ombelicale da cui non riesci a liberarti. E questi continui, incessanti richiami mentali, ed anche virtuali, alla fine, ti riportano a quella fontanella della piazza dove sei cresciuto e alla quale ricorrevi dopo le continue scorribande, per appagare quel bisogno di frescura provocato dall’arsura e dall’accaloramento, che solo l’acqua riusciva in parte a mitigare.
E aveva un bel sapore allora, l’acqua, tanto che ne provi ancora il gusto nei tanti sospirati incanti in cui i ricordi ti riportano. Diventa allora il viaggio di ritorno come una bella poesia imparata a memoria che ti piace recitare ancora oggi ed in cui riesci a vedere le cose belle di un tempo. L’armonia dei luoghi, il suono delle parole che era facile cogliere nelle caratteristiche espressioni dialettali, nell’incontro schietto e genuino della gente. Come seguire quel volteggiare spericolato delle rondini e i loro acuti sibili festosi.
Tutto fa da cornice ad uno spettacolo che piano piano abbiamo dimenticato. Ed allora a quegli elementi la nostra mente si dispone per farli rivivere. Sono sentimenti di gaudio quelli che l’animo produce e ti irradiano di luce. Ti fanno sentire bene. Come quando si vive la fase dell’innamoramento. Quello che ti dà motivazioni, gioia. Percezioni, che ti fanno toccare il cielo e dentro cui ti senti crogiolato. E’ il tempo speciale, della giovinezza.
La stessa aria che hai assaporato ed assapori ogni qual volta arrivi nel tuo paese, dove anche le pietre ti parlano. Quello a cui ti senti profondamente legato, così da pensare a come trascorrere il tempo che avrai a disposizione, alle giornate da godere, alle visite da fare, gli amici da incontrare, l’immancabile visita al cimitero dove ti sembra di sfogliare la storia della tua e dell’altrui vita.
Per me è un continuo accavallarsi di pensieri lungo il viaggio, fino a quando, come per magia, appare il nome del primo comune della Calabria e comincio a respirare a pieni polmoni convinto che ormai sono entrato nel cerchio magico di una terra con cui entro in una corrispondenza d’arcani sensi, e sento che è la mia terra. D’un tratto svanisce l’impulso a pigiare sull’acceleratore e provi a gustarti i paesaggi incantevoli che la natura ti offre.
Sono gli attimi in cui, personalmente, riesco a sentire il viaggio del ritorno con un senso di piacere, con l’animo sereno e soddisfatto. Tanto che mi apro di più al dialogo con chi mi accompagna, a gustarmi i suoni e le canzoni del mio stereo che alzo sempre a palla e, in tutta libertà come quando sono solo, cantare i brani dei miei artisti preferiti scelti per l’occasione e con molta cura. L’ho sempre vissuto così il viaggio dei miei ritorni. Senza lunghe fermate lungo il percorso e con tanta voglia di arrivare.
Il cuore subisce uno strano effetto e pare allargarsi quando vedo e riconosco i luoghi dell’Angitola. Rallento la corsa dell’auto e mi gusto quei momenti fino a quando comincio a salire sulla strada del Sordo. Sulla pianura, ecco il lato ovest del Borgo antico appollaiato e come in attesa di muoversi.
Mentalmente mi fermo, nel gustoso assaggio di quell’incantevole visione delle case che rosseggiano, illuminate dal sole del tramonto. E tutto appare e scompare tra gli uliveti e le querce secolari che hanno sempre caratterizzato questi miei luoghi. Un ultimo sforzo e dietro la curva ecco apparirmi l’immagine di San Foca impressa sulle piastrelle di ceramica che sembra sorridere ai viandanti che arrivano in paese.
Poso sul suo viso il mio sguardo riconoscente per il viaggio andato a buon fine e proseguo la ormai lenta corsa verso il rettilineo del mitico Drago che ti introduce oltre il curvone, nel paese, che è pronto ad accogliermi, fino ad avvolgermi nel suo naturale affetto. Ed in questo abbraccio mi abbandono potendo dire, con certezza, di essere a casa!