17 Settembre 2025
Culture

Riflettiamo in versi…Il silenzio dei figli, l’assenza degli adulti”

Questa poesia nasce da un’inquietudine profonda, che ogni giorno cresce in me osservando gli occhi smarriti dei nostri ragazzi. “Mutazione genetica” non è un’accusa, ma un’intima riflessione: ci siamo perduti, noi e loro. Genitori e figli, educatori e giovani anime che cercano senso. In queste righe ho provato a dare voce a una domanda silenziosa e dolorosa: dove siamo stati, mentre loro ci chiedevano aiuto senza saperlo dire? Abbiamo rincorso sogni di carriera, pensato che bastasse intrattenerli, accontentarli. Ma ciò di cui avevano davvero bisogno era presenza. Guida. Amore. Non credo sia troppo tardi. Questa poesia è anche un invito alla speranza: possiamo ancora rientrare nelle loro vite con dolcezza, senza invadere, ascoltando. So che comprenderli non è semplice. Parlano un’altra lingua, vivono in un altro tempo. Ma il bisogno d’amore non cambia mai. Queste parole nascono dal un desiderio profondo: quello di ricominciare. Perché educare non è mai un gesto vano, neanche quando arriva tardi.

Mutazione genetica

Li vedi con gli occhi smarriti

il corpo flessuoso

e la mente rigida.

Sorridono, non ridono.

Combattono, non fanno guerre.

Non li capiamo più,

i nostri figli.

Le loro menti non sono le nostre menti.

I nostri pensieri non sono i loro pensieri.

Le loro passioni non sono le nostre passioni.

I nostri ideali non sono i loro ideali.

Non ci capiscono più,

i nostri figli.

Sembran venuti da mondi lontani:

parlano una lingua a noi incomprensibile,

si muovono in modo non percettibile,

e vestono in modo per noi inaccettabile.

Non ci capiamo più con i nostri figli.

Eppure, son nati dal seno di madri

e dal seme di padri.

Non sono stati educati da loro

ma da una scatola vuota,

lasciati per ore con sconosciuti.

Con luci e lustrini:

che hanno accecato il loro cervello

lo hanno portato al macello,

facendoci credere che fosse bello.

Ora siamo impauriti,

e ci chiediamo: perché non li abbiamo educati?

Li abbiamo assecondati

per il tempo che non c’era,

e la fretta di fare carriera,

per un falso ideale, che ci ha fatto pensare:

“educare fa male”.

Eppure, son convinto che i nostri ragazzi

non chiedono altro, col loro linguaggio

a noi incomprensibile:

“perché non ci aiutate,

perché non ci educate, dove eravate,

mentre piangevamo

e di schifezze ci ingozzavamo”.

Non c’è più tempo per recriminare:

avevamo smarrito il senso del male,

e tutto appariva normale.

Chiediamoci ancora: cosa possiamo fare,

subito, adesso!

Prima dell’ultima ora,

quella che arriva e non aspetta

e devi scendere in fretta.

Non c’è più tempo vogliamo capirlo

Che la loro evasione è la nostra illusione,

la loro vendetta la nostra sconfitta.

Prendiamoci ancora il nostro spazio

Diamogli ancora un bacio

Restiamo con loro, sena parole,

guardiamoli dentro nel loro cuore:

son giovani che han fame d’amore.

 

 

 

 

Domenico Nardo

Presidente dell'"Associazione Culturale Rachele Nardo-LLFF", avvocato, docente di discipline giuridiche ed economiche presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, scrittore, conduttore radiofonico.