Una riflessione sul senso della contesa elettorale: un possibile scenario per il Rettorato dell’Università di Perugia
Nella recente competizione elettorale per la nomina a Rettore dell’Università di Bari, il ritiro di cinque candidati su sei non è stato il segnale di una resa, ma piuttosto l’indizio di un mutamento culturale profondo, un gesto che ha trasformato il confronto in un’occasione democratica di coesione e di visione comune. È emersa la volontà di superare la logica dello scontro e della contrapposizione per privilegiare ciò che unisce: il progetto condiviso, la visione comunitaria, la responsabilità verso l’istituzione e verso le generazioni future.
Anche nel contesto dell’Università degli Studi di Perugia, il prospettarsi di una scelta simile – il possibile ritiro di alcuni candidati – non può essere letto in termini di debolezza, ma semmai come un atto di maturità, un passo verso una nuova stagione di unità. Sarebbe un gesto capace di disinnescare la retorica della competizione ad oltranza, troppo spesso nutrita da promesse contingenti, giochi di forza e strategie divisive.
L’università non può e non deve essere assimilata a un’arena politica, dove i candidati incarnano fazioni e contrapposizioni, lottando per emergere come in una partita giocata a colpi di slogan, promesse o manovre opache. Essa è, piuttosto, il luogo del pensiero critico, dell’incontro tra saperi, della costruzione condivisa di futuro. Ritirarsi, in un simile contesto, significa lasciare spazio a un progetto comune, a un’idea alta di università che non si presti alle logiche del personalismo né a quelle della contesa sterile.
In un momento storico in cui l’intero sistema universitario è chiamato a rispondere a sfide epocali – la qualità della formazione, la sostenibilità della ricerca, l’inclusione e la valorizzazione dei talenti – l’Università di Perugia può scegliere un’altra strada: quella della convergenza, del rispetto reciproco, dell’intelligenza collettiva. Un’eventuale convergenza su una candidatura forte e unitaria, costruita nel dialogo e nella visione condivisa, segnerebbe una svolta: non più divisioni, ma un cammino comune che ridà significato e coerenza alla missione universitaria.
Non servono leader solitari né illusionisti del consenso: serve una guida che incarni il senso profondo dell’istituzione accademica, che restituisca centralità agli studenti, dignità ai lavoratori e progettualità ai docenti e ai ricercatori. Una guida che sappia parlare di futuro non come arena di scontro, ma come casa comune da ricostruire, pietra dopo pietra.
Se anche a Perugia si manifestasse la volontà, da parte di uno o più candidati, di fare un passo indietro per permettere un passo avanti collettivo, si affermerebbe un principio prezioso: che l’università è un bene comune, e come tale va difesa, protetta e proiettata nel futuro con spirito di servizio, non con ansia di potere.
In tal modo, il Rettorato che verrà non sarà espressione di una vittoria su qualcuno, ma di una vittoria per qualcosa: per l’università, per i suoi valori, per la sua comunità. Una comunità che avrà scelto, con coraggio, di anteporre il bene comune al destino personale, e la coesione alla contesa.