17 Settembre 2025
Italia

Senza timbro né inchino

Non chiederò mai permesso ai mediocri,
non busserò alle porte intinte d’assenza,
né lascerò che le mie ali si pieghino
per varcare soglie di stanze senz’eco.
Hanno mani di gesso, i custodi del grigio,
misurano i sogni con righelli spezzati,
incatenano il cielo a lampade fioche,
dicono “libertà” come si dice “orario”.
Ma io ho sete di vertigine pura,
ho sete d’abisso, di spine che parlano,
di quelle voci che urlano dai crateri
dove i miti cadono per risorgere in fiamme.
Non inchinerò mai la mia febbre alla calma,
né vestirò abiti cuciti con paura.
Il mio passo è silenzio che spacca la pietra,
la mia parola uno specchio che brucia.
C’è una foresta dentro la mia fronte
dove i lupi leggono Nietzsche alla luna,
dove le foglie sussurrano verità
che i tribunali del senso hanno condannato.
Non chiederò mai permesso ai mediocri
di esistere intero, di essere tempesta.
Camminerò sul filo teso tra i secoli,
senz’attendere inviti, senz’abbassare lo sguardo.
Che restino pure nei loro recinti,
a contare le ore con sabbia finta.
Io sarò altrove – fuoco, rovina, creazione –
là dove l’anima è nuda
e non chiede perdono.