Dai botti della rievocazione della Repubblica Universale al botto per salutare il “Dizionario Antropologico della Lingua di Filadelfia”, nell’edizione Adhoc. Un’opera, corposa e solida nella struttura, modello per chiunque si occupi di dialetto e parlate locali con il merito di tracciare anche una linea di demarcazione tra approssimazione e serio studio scientifico frutto di metodo rigoroso di lavoro, unica garanzia per ottenere gli apprezzamenti degli studiosi ed assicurarne il successo. Un volume -dicevamo- realizzato da valenti professionisti e studiosi che rispondono al nome di: Giuseppe Caruso, Vittorio Ciliberto, Luciano Maiolo, Raffaele Occhiuto e Vito Rondinelli. Ognuno con storie professionali diverse ma animati dallo stesso amore per la loro antica e nobile città.
Un solido gruppo accomunato dalla passione per la storia, le tradizioni e la cultura del proprio paese ed orientati a sottrarre al tempo ed alla modernità le espressioni più genuine della parlata in uso nella città di Filadelfia già fortemente segnata dalle commistioni dialettali e dall’influenza linguistica determinata dall’emigrazione, dal commercio e dagli spostamenti anche interregionali che, in qualche modo, tendono a favorire la dispersione di determinati idiomi locali introducendone altri, inevitabilmente adottati e diffusi nella realtà in cui si opera e negli ambienti familiari.
Un progetto partito ben diciassette anni fa e mai interrotto per un lavoro meticoloso e certosino sviluppato attraverso incontri quotidiani tra instancabili autori determinati a scavare e studiare testi, ascoltare anziani e persone di ogni ceto sociale depositari di antiche memorie, visitare ambienti contadini e rurali, luoghi aperti o chiusi dove, nelle diverse situazioni, più vera e genuina si poteva catturare una espressione, una esclamazione, un termine, una imprecazione, da trascrivere e riportare su taccuino e poi analizzato e discusso nel quotidiano confronto. Così, termini (caduti in disuso per via del noto processo di alfabetizzazione che, da una parte ha prodotto benefici alla comunicazione, favorendo l’inserimento nel mondo degli studi e del lavoro con il superamento dei gravi comprensibili squilibri oggettivi, dall’altra ha generato una forte dispersione dei caratteri identitari delle popolazioni meridionali), sono stati in parte recuperati e codificati in questo corposo volume di cinquecento pagine che, al momento della pubblicazione, arriva a contare un considerevole numero di lemmi, almeno cinquemila, destinati a crescere per la campagna di collaborazione avviata nella popolazione e tendente ad accogliere nuovi suggerimenti e proposte, con l’auspicio di vedere continuato il lavoro di ricerca dei termini sfuggiti alla raccolta.
Ed un’opera di così grande valenza e significato non poteva non trovare l’ambiente ideale per essere presentata, quello della bella ed elegante sala dell’Auditorium comunale, dove ogni spazio era occupato da un pubblico attento e oltremodo qualificato, interessato a conoscere le proprie radici ed il patrimonio linguistico di Filadelfia che loro illustri concittadini hanno, con meritevole lavoro, provato a recuperare e conservare, ponendo in tal modo un freno al rischio di sparizione perché minacciato dall’uso massiccio dell’italiano e dall’inglese oltre che dalle altre lingue straniere in voga tra i nostri giovani.
La magnifica serata, aperta da uno degli autori, il dottore Occhiuto, è iniziata con un minuto di raccoglimento, per ricordare Luciano Maiolo e il prof Vittorio Ciliberto, infaticabili collaboratori del dizionario che, purtroppo, non sono riusciti a vederlo completato. Presenti alla cerimonia le due vedove alle quali sono state consegnati omaggi floreali e relativi attestazioni in ricordo del loro contributo. Al prof Vito Destito è toccato presentare con una lectio magistralis il compito non facile di illustrare l’opera. Ma la sua bravura è stata tale che partendo da un testo del Manzoni in lingua volgare ha saputo raccontare con eleganza espressiva e padronanza della materia l’evoluzione della lingua e la parlata d’uso comune del popolo, prendendo a pretesto e confrontando alcuni termini dialettali e spiegandone la trasformazione attraverso le influenze cui è continuamente sottoposta per via della globalizzazione. Non ha mancato di manifestare il suo plauso convinto agli autori riconoscendo loro di non aver soltanto ricostruito la lingua dei Padri ma di essersi spinti oltre ricostruendo il mondo dei Padri. In un filone di continuità si è mosso l’intervento di un altro coautore, il prof Giuseppe Caruso, che ha voluto utilizzare la lingua dialettale per il suo intervento, e servendosi di slide per far capire come sono importanti le radici ed il retaggio culturale di una comunità, fonte di legami e di esperienze in cui pescare per raccogliere informazioni. Nella seconda parte, in italiano e coinvolgendo il pubblico, ha mostrato, aiutandosi sempre con le slide, classificazione, peculiarità e differenze che caratterizzano il processo linguistico e che portano alla diversità di lettura e pronuncia di numerosi termini prese nella nostra parlata.
Al prof Vito Rondinelli il compito di spiegare, oltre alle ragioni che hanno spinto il gruppo di lavoro ad un impegno così gravoso ed esaltante allo stesso tempo, la struttura stessa del prezioso dizionario, definito antropologico per la tendenza a scavare e ricercare attraverso una indagine accurata su diversi campioni e zone di rilevamento: i ricordi, la strada, cantine, luoghi di culto e di lavoro, famiglie e singoli individui ricchi di saggezza contadina e creatività, custodi di filastrocche e modi di dire, racconti e proverbi, esperienze, ecc. Un metodo di indagine che ha portato a collezionare una sconfinata lista di vocaboli con cui è stato per lunghi anni alimentato il dizionario di Filadelfia e attraverso il quale sono state ricostruite – come lui stesso ha scritto nel testo – le radici dell’antica cultura, le superstizioni, il fatalismo, le contraddizioni, le visioni iperboliche, la forza mitopoietica, la trascendenza e la capacità di definire i caratteri del vivere. Una rappresentazione del testo che illustra chiaramente come a Filadelfia la lingua dialettale è ancora viva e bene fa l’amministrazione comunale, la scuola, le associazioni e i cittadini tutti a difendere e valorizzare il proprio patrimonio linguistico attraverso un uso più frequente della parlata locale, per recuperarne autenticità ed espressività, elementi necessari a determinare e definire la vera identità della comunità cui si appartiene.
Diversi i momenti di intrattenimento con la lettura di testi in dialetto oltre ai saluti istituzionali della Sindaca Anna Bartucca, della Dirigente scolastica Francesca Viscone, della Presidente della Biblioteca Mariarosa Anello e del Presidente dell’Associazione Castelmonardo Giuseppe Serraino. Al bravo cantautore Renato Bilotta con la sua chitarra il compito di intrattenere il pubblico con divertentissimi brani musicali in dialetto filadelfiese.