Vangio e il gusto agrodolce della verità: con “Amaro A Metà” racconta chi è diventato
Dopo aver calcato palchi importanti – dal Trentino Music Arena alle selezioni di Area Sanremo – Vangio torna con il nuovo singolo “Amaro A Metà”, un brano che intreccia sincerità, consapevolezza e determinazione. La sua voce nasce dal vissuto, dalle prove superate nei contest come X-Factor e dai confronti diretti con grandi professionisti della musica italiana. Tra masterclass che lasciano il segno e una continua ricerca identitaria, Vangio dimostra di non temere il giudizio, ma di farne carburante per crescere. In questa intervista, ci racconta come si tiene saldo nel panorama musicale, cosa ha imparato nel tempo e quali sono i suoi sogni a medio termine.
Dal Trentino Music Arena a Sanremo: come gestisci l’emozione di suonare su palchi così diversi?
L’emozione di stare sul palco per me è sempre incredibile, a prescindere da quante persone ci siano, vivo per la bellezza dell’energia che mi viene restituita dal pubblico quando canto o suono davanti ad una platea di gente, che sia una sagra con la mia cover party band Reverse o che sia in singolo come VANGIO.
Partecipare a contest come Area Sanremo o X-Factor ti ha cambiato come artista?
Sicuramente si, mi cambiano in maniere diverse, i casting di XFactor, ma come qualsiasi altro casting mi fa maturare sempre un po’ di più su come gestisco i discorsi con chi mi esamina, su come sto sul palco e sull’importanza di non essere un “Diesel” ma di essere subito attivo alla prima canzone, le selezioni che sto affrontando assieme alla sinfonica di Sanremo, attraverso i vari Workshop che si svolgono li ogni mese e all’aiuto di professionisti come la Maestra Franca Drioli, a Simona ed Achille che ci stanno dando questa grandissima possibilità, mi stanno facendo maturare molto sia vocalmente che dal punto di vista disciplinare.
Qual è l’insegnamento più importante che hai portato a casa dopo una masterclass con Roberto Casalino?
Di essere assolutamente oggettivi nel giudicare un pezzo e l’ordine mentale e strutturale nello scrivere una canzone, probabilmente ora quella masterclass la vivrei in maniera diversa perché quando la feci avevo da poco 16 anni e non avevo ancora la mentalità che ho adesso, ricordo che il primo brano che scrissi glielo feci sentire e mi disse, citando testuali parole “fa cagare”, ogni volta che ci penso mi fa sorridere e penso a quanto mi abbia insegnato lui come professionista.
Come riesci a mantenere viva la tua identità musicale in percorsi così competitivi?
Alla fine l’arte può essere competitiva fino ad un certo punto, perché per definizione non lo può essere più di tanto, quindi io mi concentro nel lavorare più di chiunque altro, in maniera da migliorare sempre di più, essere soddisfatto con me stesso dei miei lavori e dare così sfogo comunque alla mia anima più agonista che vuole vincere.
Cosa sogni di realizzare nei prossimi due anni?
Nei prossimi due anni voglio riuscire a far uscire un album, poter fare dei live tutti miei con i miei strumentisti, avere un’identità artistica ancora più caratteristica e poter avere più persone che si rivedono in ciò che scrivo.