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La morte di Ornella Vanoni, lascia un vuoto incolmabile nella musica d’autore italiana: la ricordiamo con «Ornella &…» del 1986

Ornella Vanoni è scomparsa ieri il 21 novembre 2025, all’età di 91 anni, nella sua casa di Milano, colpita da un arresto cardiocircolatorio. I soccorritori del 118 sono intervenuti poco prima delle 23.00, ma non hanno potuto fare nulla. Qualche giorno prima della morte aveva confidato di non sentirsi bene, lamentando dolori alla schiena e problemi cardiaci. Aveva raccontato di essere stata ricoverata in estate per il cuore. Fino all’ultimo ha mantenuto il suo spirito ironico: scherzava sulla morte, aveva persino detto di aver scelto un abito Dior per il funerale e desiderava che Paolo Fresu suonasse in quell’occasione.

Ornella Vanoni lascia un patrimonio musicale che ha segnato la storia della canzone italiana. La sua voce, capace di passare dalla sensualità alla malinconia, ha dato vita a interpretazioni memorabili di autori come Tenco, Endrigo, De Gregori e Battisti. La capacità di dialogare con il jazz e con la musica brasiliana ha aperto strade nuove, rendendola una figura di riferimento per generazioni di interpreti. Abbiamo voluto ricordarla con uno dei suoi capolavori assoluti. «Ornella &…», venticinquesima capitolo discografico della cantante milanese, rappresenta un episodio singolare nella storia della canzone italiana: un repertorio di autori nazionali trasportato oltreoceano e riletto da alcuni fra i più raffinati protagonisti del jazz internazionale. Ornella, sostenuta dal produttore Sergio Bardotti, affidò un corpus di composizioni di epoche e stili differenti – da Fred Buscaglione a Luigi Tenco, da Lucio Battisti a Francesco De Gregori, da Sergio Endrigo a Lucio Dalla – ad un parterre di musicisti che, nel solco della tradizione jazzistica, trattarono queste melodie come veri e propri standard.

La formazione di base, con Michael Abene alle tastiere, Tom Barney al basso, Joe Baron alla batteria, John Basile alle chitarre e John Mahoney al synclavier, vienne arricchita da interventi di figure di assoluto rilievo: George Benson, Herbie Hancock, Gil Evans, Ron Carter, Steve Gadd, Michael e Randy Brecker, Lee Konitz, Herbie Mann, Eliane Elias e Chris Hunter. Ognuno di loro plasma la materia sonora con il proprio timbro, delineando un tessuto che oscilla fra la memoria della canzone d’autore e l’invenzione improvvisativa tipica del linguaggio jazz. Il disco omaggia Fred Buscaglione («Nel cielo dei bar» e «Una sigaretta»), magnificato dalle trame pianistiche di Gil Evans e dal contrabbasso di Ron Carter e rilegge «E penso a te» di Mogol-Battisti, nel quale George Benson sovrappone linee chitarristiche di elegante libertà. Herbie Hancock, con «Poesia» di Riccardo Cocciante, modella un pianismo di abissale tensione armonica, mentre Herbie Mann, in «Aria» di Dario Baldan Bembo, disegna un profilo flautistico caratterizzato da una piacevole velatura acustica. Michael Brecker, in «Amarsi un po’» ed «Il mondo», sprigiona dalsassofono tenore una perforante intensità lirica, e Steve Gadd, in «Sì, viaggiare», imprime una pulsazione ritmica di precisione chirurgica. Lee Konitz, con «Ma l’amore no», rievoca atmosfere da ballad anni ’40, tessendo contrappunti di languida eleganza. Eliane Elias e Randy Brecker, in «Canzone per te» di Endrigo, fondono pianoforte e flicorno in un dialogo dalla perfetta geometria timbrica.

La voce di Ornella Vanoni, sempre consapevole e musicalmente eloquente, si adatta con naturalezza a ruoli differenti: languida interprete di ballads, narratrice di memorie nazionali, protagonista di episodi sonori che oscillano fra leggerezza e gravità, ironia ed impegno. La sua emissione, sostenuta da solisti di tale calibro, acquista una fisionomia nuova, posizionandosi in maniera mercuriale fra la tradizione italiana ed il respiro del jazz americano. L’ascolto di «Ornella &…», oggi come allora, restituisce un’antologia che non si limita a celebrare la canzone d’autore, bensì la rielabora come repertorio universale, secondo la logica del songbook. La veste sonora, segnata da tratti elettronici tipici degli anni ’80, non oscura la qualità delle parti solistiche, che rimandano ad un laboratorio di forme e tensioni. In seno a questo progetto, la Vanoni si conferma interprete di solida formazione, ad imperitura memoria, capace di far dialogare mondi apparentemente distanti: la memoria della tradizione mediterranea e la libertà inventiva dell’idioma afro-americano..

Francesco Cataldo Verrina

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