In un mondo sempre più attraversato da tensioni militari e sfide geopolitiche, le istituzioni nate per garantire la pace sembrano oggi impotenti. Dalla recente escalation tra Israele e Iran all’immobilismo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, emergono dubbi sul ruolo e sul futuro della governance internazionale. Eppure, in mezzo alla crisi, resistono segnali di dialogo e iniziative per il rinnovamento.
Israele e Iran: la crisi che riaccende la paura
Il 13 giugno, Israele ha lanciato l’operazione Rising Lion, colpendo oltre cento obiettivi strategici in Iran, inclusi siti nucleari e basi militari, sul presupposto che lo Stato iraniano sia vicino alla costruzione della bomba Nucleare. L’Iran ha risposto con una raffica di missili e droni, facendo precipitare la regione in una nuova spirale di violenza. I negoziati sul nucleare sono stati sospesi, ma Teheran ha lasciato uno spiraglio: chiede un cessate il fuoco per riaprire il dialogo. Intanto, Qatar e Oman si muovono come mediatori e Papa Francesco rilancia il valore della “diplomazia della speranza”.
L’ONU in stallo
Il Consiglio di Sicurezza appare sempre più paralizzato dal diritto di veto dei cinque membri permanenti: Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito e Francia. Basta un solo “no” da parte loro per bloccare qualsiasi risoluzione, anche su temi gravi come guerre, genocidi o crisi ambientali. Quello che una volta era un meccanismo di equilibrio è oggi percepito da molti come uno strumento di impunità e immobilismo.
Alleanze mobili, poteri limitati
Russia e Cina si coordinano spesso per bloccare risoluzioni sgradite, mentre gli Stati occidentali (USA, Francia e Regno Unito) tendono a convergere ma non sempre votano in blocco. Le fratture emergono quando gli interessi divergono, come visto recentemente su Ucraina e Medio Oriente. In questo quadro, il potere di veto non serve a costruire soluzioni, ma solo a bloccarle.
La sfida della riforma
Diverse proposte cercano di rompere lo stallo:
Tra queste, il gruppo Uniting for Consensus, guidato dall’Italia, propone di aggiungere solo membri non permanenti, garantendo rotazione e inclusività.
🔚 Conclusione – Il tempo del coraggio
In un’epoca segnata da nuovi conflitti e vecchie disuguaglianze, non bastano più meccanismi pensati per un mondo post-bellico. Serve una leadership forte, credibile e globale. Se l’ONU vuole essere ancora la casa della pace, deve riscoprire il coraggio e la responsabilità di guidare davvero. Altrimenti, il governo del mondo finirà nelle mani delle potenze del momento — e la pace diventerà solo un ricordo da celebrare nelle commemorazioni.
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