Ogni anno il 13 giugno si festeggia la memoria di Sant’Antonio da Padova, uno dei santi più amati di sempre.
I santi sono tralci sempre uniti alla vita di Gesù.
Perché oggi ricordiamo Sant’Antonio? Perché, come discepolo di San Francesco d’Assisi ha saputo vivere la sua vita interamente donata a Cristo e alle anime.
Ha avuto una vita molto breve. Infatti, è morto all’età di 36 anni ma è stata una vita spesa bene. Un giovane possiamo dire. Ma quanti giovani oggi non spendono bene la loro vita? La causa principale sta nei modelli sbagliati a cui i giovani guardano per ispirare la loro vita.
Un tempo si guardava i santi per imitarli.
Dai santi si imparavano l’onestà ad esempio. Mi viene alla mente la testimonianza del sindaco di Firenze Giorgio La Pira? Di lui si dice che quando entrò in politica aveva solo 1000 lire e una corona del Rosario. Quando smise la sua attività aveva solo la corona del Rosario.
Dai Santi poi si impara la bontà, la fede che è la chiave della vita. Oggi la più grande povertà è questa: molti non sanno più qual è il senso della vita.
Un giorno nel Vangelo una donna affetta da grave emorragia e mossa da una particolare fede, disse: “se tocco il suo mantello, sarò guarita.”. Così è avvenuto. Gesù dice: “chi mi ha toccato?“. Tanta gente lo stringeva eppure solo questa donna lo tocca con fede e guarisce, gli altri tornano a casa allo stesso modo.
A soli vent’anni Sant’Antonio, a Lisbona vede i corpi di Cinque frati martirizzati in Marocco. Ammira il loro coraggio. Vuole imitarli. Questo però non è il progetto di Dio per lui. Infatti, lo colpisce una gravissima febbre malarica e, quindi, è costretto a tornare indietro. Entra così nell’ordine francescano e nel 1221 incontra San Francesco nel capitolo generale delle stuoie. In quel capitolo, oltre 2000 giovani affascinati da Francesco vi partecipano. Sono così tanti che sono costretti a dormire a terra sulle stuoie.
Nel 1227, Francesco ormai è morto da qualche anno e Antonio viene nominato ministro provinciale dell’Emilia che a quei tempi comprendeva tutta l’Italia settentrionale. Il giovane Antonio è instancabile e affascinante nell’annunciare il Vangelo. È convinto, infatti che il Vangelo è l’unico a illuminare la vita degli uomini.
Un episodio che lo riguarda: a Rimini non viene accolto bene dalla popolazione, ma viene guardato con sospetto. Come nella vita di san Francesco c’è la predica agli uccelli, nella vita di Antonio c’è la predica ai pesci. All’arrivo del missionario francescano, i capi danno la parola d’ordine: chiuderlo in un muro di silenzio. Di fatto, Antonio non trova a chi rivolgere la parola. Le chiese sono vuote. Esce in piazza, ma anche lì nessuno mostra di accorgersi di lui, nessuno fa caso a quello che dice. Cammina pregando e pensando. Arrivato al mare, vi si affaccia e comincia a chiamare il suo uditorio: “Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco, mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità”. E i pesci affiorano a centinaia, a migliaia, ordinati e palpitanti, ad ascoltare la parola di esortazione e di lode.
Sempre a Rimini, un eretico sfida Antonio a dimostrare la reale presenza di Gesù nell’eucarestia. Allora si accordano di lasciare a digiuno per tre giorni una mula e dopodiché metterle dinanzi della biada.
Così avvenne. Antonio porta lo ostensorio con l’ostia. La mula rifiuta il cesto di biada fresca e si inginocchia chinando la testa dinanzi all’Eucarestia.
Antonio viene proclamato Santo a meno di un anno dalla morte, il processo di canonizzazione più veloce della storia. Sulla sua tomba si verificano innumerevoli miracoli. Dopo 32 anni dalla morte, la riesumazione, viene trovata intatta la sua lingua, conservata ancora oggi in reliquario questo è un fatto singolare che ci invita a riflettere su come oggi tutti noi usiamo il dono della parola e quindi, la nostra lingua. Chiediamoci, le nostre parole sono di luce, edificano, portano pace, sono di bontà e di misericordia? Oppure, creano odio, divisione, fratture?
Uno dei miracoli più belli e’ quello del pane, di cui poi nasce la tradizione in molte comunità della benedizione dei pani nel giorno della sua festa.
Tommasino è un bimbo di 20 mesi: la madre lo lascia in casa da solo a giocare e lo ritrova poco dopo senza vita, affogato in un mastello d’acqua. Disperata invoca l’aiuto del Santo, e nella sua preghiera fa un voto: se otterrà la grazia donerà ai poveri tanto pane quanto è il peso del bambino. Il figlio torna miracolosamente in vita e nasce così la tradizione del “pondus pueri” una preghiera con la quale i genitori in cambio di protezione per i propri figli promettevano a sant’Antonio tanto pane quanto fosse il loro peso. Forse non tutti sanno che questo miracolo è all’origine dell’Opera del Pane dei Poveri e poi della Caritas Antoniana, le organizzazioni antoniane che si occupano di portare cibo, generi di prima necessità e assistenza ai poveri di tutto il mondo.
Infine, vi lascio con una curiosità: si dice spesso “troppa grazia Sant’Antonio!“.Perché si usa questa espressione? Si racconta che è un fraticello chiese ad Antonio almeno un’ampolla d’acqua per il chiostro perché tutto stava seccando. Antonio si mise in preghiera è piovve così tanto Che si allagò tutto il chiostro. E allora, il fraticello gli disse troppa grazia Antonio.