Magiche atmosfere richiama questa lunga notte d’Avvento. Notte di attesa, di venute, di calore, di tradizioni… di ricordi. Notte di fantasie e desideri. E di innocenza.
Forse l’abbiamo persa negli anni. Forse la stiamo ritrovando con l’età matura quando ti attanaglia la nostalgia o anche qualche rimpianto per non aver vissuto con intensità i momenti della nostra età passata. Quel tempo che non aspetta. Quel tempo che non ha fermate. Il tempo in cui non abbiamo timori e viviamo di spavalderie. Il tempo in cui non ci si sofferma sul valore pieno della vita e ne scopriamo la ricchezza solo quando comincia ad accorciarsi, o davanti alle sofferenze che ci sono riservate.
A distrarci pensa la frenesia del quotidiano, il nostro agire che, forse, ha bisogno di qualche pausa di riflessione. E non c’è tempo migliore del Natale. Della notte in cui ricordiamo la grandezza di una piccola creatura che è arrivato in mezzo a noi per dire all’umanità che non si è soli. Per dirci che nel corso del nostro cammino ci sarà freddo e gelo, privazioni e stenti, dolori e sacrifici, ma che avremo una stella cometa a guidarci verso la salvezza.
Testimonianze che arrivano da lontano e da più di duemila anni si sono radicate in ognuno di noi. Ad esse leghiamo anche i nostri ricordi e le persone che non ci sono più. Ci mancano in queste particolari atmosfere perché Natale, con l’arrivo del Dio Bambino, ci vedeva insieme, gioiosi nell’attesa.
E magica ci appariva l’atmosfera familiare accanto al caminetto, sempre acceso, o al braciere al centro della stanza odorante di fumo e della scorza di mandarino. Sul tripode friggeva l’olio mentre nonne e mamme si affrettavano, arrossate dal calore delle vampe, a buttarci dentro, con delicatezza, la pasta di zeppole e trarne croccanti e gustose prelibatezze che non facevano neppure in tempo a depositare in un cesto, coperto da una tovaglia. Finivano subito.
Non mancava il buon bicchiere di vino sul tavolo. Per i grandi era l’occasione di una conversazione senza animosità sul gusto dello zibibbo che a dicembre giungeva alla piena maturazione, mentre sotto la cenere lentamente cuoceva la salsiccia nella carta stagnola mandando in agitazione i più piccoli e le loro sensibilissime papille olfattive. Riuscivano a distrarsi solo con il gioco delle nocciole.
E poi il rito della posa del Bambino nella mangiatoia a mezzanotte, la candela accesa, per rappresentare la venuta del Cristo, Luce del Mondo, ma anche per accomunare noi a quanti vivono nello splendore di quella condizione nel Cielo. Rafforza l’aria natalizia il legame per i vivi ma anche per i morti che in queste notti si fanno più presenti.
Tempo di ricordi, Natale, e di nenie nelle vie del paese. Tempo di vuoto e di sospiri. Tempo di camini accesi e di bracieri lasciati sulle vie con i tizzoni ardenti. Tempo di quiete e di nostalgie che ritornano, di Angeli che paiono svolazzare felici sulle nostre teste. Tempo di litanie e dolci armonie. Tempo di desideri.
Se solo potessi, oggi, chiederei di rivivere un momento particolare della mia infanzia: quando mi fermavo incantato a guardare il presepe che Angelo Apa allestiva ogni anno nella chiesa delle Grazie, e poi anche a San Foca. A Pendìno, si chiudeva in chiesa per creare quella che doveva essere una sorpresa per tutta la cittadinanza.
E da solo, animato dalla sua grande passione, rimaneva ore ed ore a creare montagne e saliscendi collocando con grande abilità e perizia i tanti pastori lungo i sentieri verso la capanna della Natività. Era geloso del lavoro che faceva e non voleva nessuno ad aiutarlo. Ma amava raccontare del suo ingegno. Così rivelava di come accartocciava ed increspava la carta di cemento che andava raccattando di qua e di là per poi spruzzarla con i diversi colori.
Utilizzando lunghe tavole di legno e disponendo alcuni banchi uno sull’altro, vicino all’altare maggiore, ricostruiva, con molta cura e perizia, il paesaggio. Enormi statuine, forse create da qualche artista della sua famiglia, collocava poi lungo il percorso ornato di verde muschio che noi bambini strappavamo dai vecchi muri delle case.
Aveva una stranezza tuttavia quella rappresentazione. Era costituita dalle dimensioni del Bambinello che non sono mai riuscito a vedere veramente piccolo, appena nato. Il sacerdote, nella notte dei miracoli, lo deponeva su una grande mangiatoia posta fuori dalla capanna, quest’ultima di dimensione inferiore.
Su un lato un enorme pastorello che appariva seduto, con la ciaramella, veniva azionato dalle monetine di 10 lire, per quello che era il classico motivo natalizio. Non c’era bambino a Francavilla che non amasse quel pastorello. Quanta armonìa in quel suono delizioso che infondeva serenità e riusciva ad incantarci.
Ogni tanto mi chiedo che fine avesse fatto e se a lui fosse stata riservata una sorte adeguata alla felicità che riusciva ad infonderci. Mi auguro di sì, che fosse ancora in qualche angolo di chiesa ove aspetta di essere riesumato dal suo forzato letargo, per allietare i bambini di oggi che, di quelle atmosfere magiche hanno ancora più bisogno.
Soprattutto convincerli che nella vita i cellulari e le altre diavolerie elettroniche sono si, strumenti efficaci ed utili, ma non indispensabili e che i veri valori del Natale sono altri. E l’occasione si presenta anche per noi. Ritroviamoci perciò a vivere con l’intensità di allora, con i nostri ragazzi, nel dolce tepore di un camino e raccontiamo loro di un re che non ha avuto privilegi quando è venuto al mondo.
Di un padre e di una madre che per far nascere il proprio pargolo hanno dovuto, con la fuga, sottrarsi a persecuzioni ed angherie. Di un nascituro che, per venire al mondo, ha trovato ricovero in una grotta e solidarietà nei pastori di buon cuore. E nella semplicità di questo piccolo essere, i Re Magi, guidati dalla stella, hanno riconosciuto il Salvatore.
E’ fantasia, è storia? Siamo ancora quì a chiedercelo. Io so solo che tutto questo ancora affascina grandi e piccini. E non c’è racconto più poetico ed emozionante di questa avventura che noi tutti siamo chiamati a testimoniare e perpetuare.
Ricordiamocelo allora non solo in questa notte ma davanti ad ogni condizione umana di disagio; quando vediamo persone che piangono, son tristi e soffrono. Quando qualcuno allunga la mano e ci guarda con occhi pietosi. Quando qualcuno bussa alla porta del nostro cuore. Quando vediamo implorare il nostro aiuto.
Se riusciremo a non girarci dall’altra parte, a non essere indifferente, nel nostro cuore sentiremo il dolce suono delle ciaramelle e la forza della Luce del Redentore. Solo allora sarà Natale!
Possa allora il dolce suono delle ciaramelle allietare i cuori di tutti.
Buon Natale!
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