Dalla potenza corale delle Sette Opere di Misericordia all’ultimo respiro nel Martirio di Sant’Orsola, la città custodisce i dipinti più intensi del genio lombardo, spesso ignorati dagli stessi cittadini.
Non servono viaggi a Roma o a Milano per entrare nel mondo di Caravaggio: basta restare a Napoli. La città, che lo accolse in fuga e gli offrì nuove committenze, conserva tre opere decisive, in cui luce e ombra diventano metafora di fede e tormento.
Al Pio Monte della Misericordia, Le Sette Opere di Misericordia raccontano la carità cristiana attraverso una composizione vorticosa, popolata da corpi che sembrano animare i vicoli della Napoli seicentesca. La luce squarcia le tenebre e guida lo spettatore, mentre in alto la Vergine con il Bambino domina la scena dall’eternità.
Al Museo di Capodimonte, La Flagellazione di Cristo mette in scena la brutalità della violenza contrapposta alla dignità luminosa del Salvatore, simbolo di resistenza spirituale. Cristo, piegato dal dolore ma saldo nella fede, è rischiarato da un bagliore che lo separa dall’oscurità dei suoi carnefici.
Infine, alle Gallerie d’Italia – Palazzo Zevallos Stigliano, Il Martirio di Sant’Orsola chiude il percorso: una scena essenziale, cupa, ravvicinata, dove l’istante fatale viene catturato senza retorica. Tra i volti attoniti, quello in penombra che si intravede sulla sinistra potrebbe essere un autoritratto dell’artista, un ultimo sguardo di Caravaggio sul proprio destino.
Tre luoghi, tre capolavori, un’unica storia: quella del Caravaggio napoletano, forse il più drammatico e autentico, che merita di essere riscoperto non solo dai visitatori ma anche da chi Napoli la vive ogni giorno.
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