Era il 15 febbraio 2010 quando una parte della collina di Maierato, in provincia di Vibo Valentia, collassò con fragore. Una frana di dimensioni imponenti cancellò in pochi istanti strade, terreni coltivati e collegamenti vitali per la comunità, costringendo centinaia di abitanti a lasciare le proprie case. Le immagini fecero il giro del mondo: la collina che si muoveva come un’onda, con un boato simile a un tuono prolungato, restano tuttora impresse nella memoria collettiva.
Eppure, in quella scena drammatica, un dettaglio emerse come segno di speranza: l’avvistamento di un faggiano, che si levò in volo proprio mentre la terra franava. Un simbolo inatteso, ma potente. L’animale selvatico, con il suo piumaggio cangiante e il battito d’ali improvviso, rappresentò la forza vitale della fauna locale, la libertà e la capacità della natura di rinnovarsi anche di fronte alla devastazione.
Il faggiano, da sempre legato alle campagne e ai boschi della Calabria, divenne in quell’occasione un emblema della resilienza ambientale. La sua comparsa ricordò che Maierato non è soltanto luogo di fragilità geologica, ma anche scrigno di biodiversità, habitat dove la fauna vive libera, lontana dai ritmi forzati della vita urbana.
Oggi, a distanza di anni, la frana di Maierato resta un monito sulla necessità di tutelare il territorio e prevenirne il dissesto. Ma resta anche il ricordo di quell’immagine luminosa: un faggiano che vola sopra la terra che si sgretola, testimone di un equilibrio naturale che, se rispettato, continua a fiorire.
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