Una rievocazione di avvenimenti e fatti che hanno lasciato un segno nella storia delle comunità, porta con sé e provoca pareri contrastanti sul modo di narrare e rappresentare quelle vicende. Ma, al di là delle opinioni di alcuni anche sull’utilizzo dei fondi pubblici, non si possono cancellare l’emozione e la suggestione di quell’atmosfere del passato che rivivono quanti si trovano ad assistervi ed affollano i luoghi della rappresentazione. Ed è quanto successo nel pomeriggio di questo penultimo giorno di fine agosto a Filadelfia per celebrare una pagina significativa e poco conosciuta nella storia nazionale ma importante per quanto ha rappresentato e rappresenta nella nostra realtà locale e nota come “La Repubblica di Filadelfia”.
Raccontano le cronache che Giuseppe Giampa’, avvocato e fervente repubblicano, direttore del giornale “La luce calabra”, approfittando del trasferimento dell’allora prefetto di Catanzaro, duca di Vastogirardi, alla sede di Trapani, si rivolgesse a Ricciotti Garibaldi, figlio del celebre Generale, invitandolo a guidare una insurrezione armata per arrivare a mettere in pratica gli insegnamenti mazziniani tendenti a realizzare una società repubblicana priva di classi sociali e disparità, con gli uomini liberi di autodeterminarsi e seguire principi di fraterno mutuo soccorso.
Avuta dal Ricciotti una risposta affermativa, Giampà si prodiga per la preparazione dell’insurrezione in una area comprendente i territori di Cortale, Maida, Curinga e Filadelfia. Assicuratosi gli appoggi necessari con il sostegno dei potentati locali ed avviata una campagna di reclutamento con una discreta forza su cui contare, i volontari cospiratori si mossero alla volta di Filadelfia il giorno 6 del mese di maggio, scegliendo come base logistica il palazzo Serrao, appartenente ad una storica e nobile famiglia che, con il sindaco Bernardo, governava la città. Per dare solidità ed ufficializzarne il loro potere si emanò uno Statuto arrivando a dotarsi anche di una moneta repubblicana.
Le autorità regie, venute a conoscenza della situazione creatasi a Filadelfia con il moto guidato dal Garibaldi, e favorito dal Giampà che aveva arruolato volontari anche tra gli operai, gli artigiani e i professionisti della vicina Francavilla, preoccupati che l’insurrezione potesse allargarsi fino a sovvertire l’ordine costituito, inviarono loro forze, e precisamente il 63 fanteria, guidato da un brigadiere dei Carabinieri, verso Filadelfia. Alle prime luci dell’alba del giorno 8 di maggio 1870, con una azione a sorpresa, piombarono sulla città dalla parte comunemente nota come Timpone. L’intervento,così celere e inaspettato, fu così repentino che colse tutti impreparati, impedendo una qualche probabile reazione di difesa delle posizioni occupate dagli insorti.
Le cronache del tempo riferiscono di diverse testimonianze dirette che narrano di spari contro fedeli all’uscita dalla messa mattutina davanti la chiesa di San Teodoro. Che lasciano sul terreno due morti: Michele Serraino di anni 43, muratore e Vincenzo Dastoli, contadino di anni 19, mentre molti furono i feriti tra cui 7 donne. Nel disordine ed il parapiglia che ne seguì la guarnigione procedette ad eseguire una serie di arresti e nelle loro mani cadde anche il Giampà che non ebbe modo di trovare protezione e facilità di fuga da Filadelfia come avvenuto per Ricciotti. Si chiudeva così, senza più speranze di affrancarsi dal dominio piemontese, quell’anelito di libertà che la breve Repubblica Universale di Filadelfia, nei suoi tre giorni memorabili, aveva alimentato nelle classi popolari del nostro comprensorio e nella Calabria tutta.
A determinarne la sconfitta non solo l’improvvisazione nell’organizzazione e la mancanza di vere strategie e propositi, incomprensibili al ceto popolare del tutto rozzo e non alfabetizzato, ma anche la titubanza delle classi borghesi al potere preoccupati di perdere le loro terre ed i propri beni a favore delle classi meno agiate, come riportato nei proclami degli insorti. Rimane tuttavia, nonostante il fallimento, una pagina di storia di cui andare orgogliosi perché l’azione di quei volontari pur nel confuso ideale che li muoveva ha mostrato il valore della nostra gente e il coraggio e la volontà nel tenere alta quella voglia di libertà e riscatto, di giustizia, che il popolo calabrese, anche se con alterne fortune, riuscirà molti anni più tardi a ritrovare scritti nella Carta Costituzionale.
Ma Tornando alla rievocazione voluta ed organizzata egregiamente dalla locale Pro Loco e dal suo Presidente, dottor Gabriele Runca, possiamo dire che è servita a riportare alla memoria degli addetti, quegli avvenimenti ma anche per illuminare le menti di quanti ancora non conoscono a fondo fatti e circostanze così come rappresentati dai tanti figuranti che hanno sfilato nella splendida piazza di Filadelfia, arricchita per l’occasione dalla presenza delle bellissime pacchiane che hanno ricreato alcuni tra i momenti tipici della giornata e apprezzate dalla tanta gente convenuta per assistere ma anche per onorare il coraggio di chi ha partecipato a quello storico evento del maggio 1870 ed onorare che in quella circostanza ne è rimasto vittima. È stata comunque, al di là di alcuni comprensibili momenti di singolare teatralità, un avvenimento che merita di essere istituzionalizzato e arricchito scenograficamente con la piena partecipazione della gente di Filadelfia e paesi vicini, tale da rendere ancor più credibile e reale ogni momento di quella che la storia dei nostri luoghi ha prodotto e registrato e che vale la pena trasmettere alle generazioni future.
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