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Da 26 anni a Nicastrello si rinnova la sfida del barone Greco: un giorno contro l’oblio

Arrivati da tutti i paesi vicini e convocati a questo speciale raduno che, ormai da 26 anni, è diventato un viaggio nella memoria per ricordare chi non c’è più. Ma che serve anche a dar vita, almeno per un giorno, a Nicastrello, un grumo di case che non vuole cedere all’oblio del tempo.

È la scommessa del conosciutissimo barone Mimmo Greco che ogni estate ama richiamare la sua gente che si vide costretta, dalle tante calamità naturali e dai disagi del luogo impervio, a lasciare quei luoghi dell’anima. Rimane l’antica chiesa restaurata, soprattutto nel tetto, per iniziativa dello stesso Greco che si battè perché le belle statue di Sant’Elena e San Filippo Neri non fossero portate via e dal vescovo chiusa per pericolo crolli.

Fu una battaglia vinta con il contributo di tutti e che è servita a scongiurare la fine di Nicastrello. Il luogo di culto rappresentava un baluardo attraverso cui rimanere ancorati ai luoghi dei padri e non soccombere davanti ai nuovi bisogni e necessità, alla modernità.

Il barone e cavaliere all’Ordine Costantiniano, Mimmo Greco, non si è risparmiato neppure questa volta e ha curato nei piccoli dettagli e particolari l’evento dell’anno. Lunghe tavolate, imbandite dai giovanissimi volontari, hanno accolto i numerosi ospiti, man mano che arrivavano e che, allargando i loro sguardi, non potevano trattenere le espressioni di stupore e meraviglia di fronte alle antiche sacre pietre in quel triste silenzioso proscenio in cui le tante anime del luogo sembravano richiamate in vita per unire le loro voci a quelle di tutti i commensali.

Girare per quei ruderi è un modo di ritrovarli, immaginandoli seduti davanti alle proprie abitazioni a discorrere tra vicini e mitigando di fatto la calura estiva. O impegnati, ognuno, nel proprio mestiere. Da quelle pietre pare ancora pervenire il profumo delle frittelle di zucca e l’odore delle melanzane immerse nell’olio o delle patate e pipi.

Quante emozioni sovvengono, rotte dal suono di una chitarra battente e della zampogna, affiancate da pipita grancassa e organetto a richiamare anche i momenti belli passati davanti ad una focarra sotto le stelle. Il barone non si è risparmiato nel ricreare le atmosfere che, nella semplicità dei momenti, i suoi avi sapevano crearsi.

E non è mancato davvero nulla perché i bellissimi fuochi d’artificio, a chiusura, hanno creato un’atmosfera di serenità e di pace, di magia, in quei luoghi di straordinaria suggestione che continueranno a offrire agli occasionali visitatori tutto il loro fascino e la loro silenziosa forza espressiva.

A me e a Rino Lo Giacco il privilegio di essere gli ultimi a lasciare quei posti e salutare il nostro Mimmo Greco che, come ogni anno, vuole passare la notte nella sua casa per sentire ancor più la loro vicinanza e condividere con la sua gente i ricordi e gli affetti.

A lui la nostra riconoscenza e il grazie immenso per averci coinvolti in questa straordinaria esperienza.

Sul cellulare, l’orologio segna le 4:30 ed una mezzaluna, in un cielo stellato, sta per lasciare il posto e salutare un nuovo giorno.

Franco Torchia

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