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Zungri, l’Oasi Mariana dove il silenzio parla al cuore e la fede si fa abbraccio di popolo

Ci sono luoghi che entrano nel cuore in punta di piedi, senza rumore, ma con un’intensità che non ti lascia più. Zungri è uno di quei luoghi. E ancora una volta, il mio cuore ha battuto all’unisono con quello della sua gente, in occasione dei festeggiamenti in onore di Maria SS. della Neve.

La celebrazione si è conclusa con la Messa Solenne, officiata da S.E. Mons. Francesco Savino, Vescovo di Cassano all’Jonio e Vicepresidente della CEI. Una liturgia partecipata, viva, vibrante di fede e speranza, dove il sacro sembrava toccare con delicatezza ogni anima presente.

Ma a rendere tutto ancor più intenso, è stato l’abbraccio spirituale offerto da Mons. Savino, che con parole semplici e potenti ha parlato al cuore del popolo. Ha parlato di speranza, di ideali smarriti, di una società che ha bisogno di ritrovarsi. E lo ha fatto sotto lo sguardo amorevole della Vergine, madre e guida di un popolo che non ha mai smesso di credere.

Zungri non è solo un paese.
È una famiglia.
Una comunità fatta di uomini e donne che conoscono la fatica, ma anche la dignità. Che hanno attraversato il dolore, ma senza mai perdere la luce negli occhi.

E se oggi questo paese è rinato nello spirito, è grazie a un uomo che ha saputo ridare senso, anima e voce al silenzio: Don Giuseppe La Rosa. Un parroco, sì, ma prima ancora un padre, un fratello, un faro. La sua missione non è stata solo religiosa, ma umana. Ha riacceso il fuoco della fiducia, ha raccolto lacrime e le ha trasformate in sorriso. Un vero capitano di anime.

A lui devo il mio primo legame con Zungri. Un legame diventato negli anni affetto profondo. Al punto che l’Amministrazione Comunale, guidata allora da Franco Galati, ha scelto di donarmi uno degli onori più toccanti della mia vita: la Cittadinanza Onoraria. Un gesto che porto nel cuore come un sigillo d’amore.

Quel 5 agosto non è stato solo un giorno di festa.
È stato un incontro con l’eterno, sospeso tra cielo e terra.
È stato camminare tra volti amici, stringere mani callose e sincere, ascoltare storie sussurrate con gli occhi lucidi.
È stato emozionarsi fino alle lacrime.

Perché quando un popolo si stringe attorno alla sua fede, non è solo una celebrazione: è un miracolo che si rinnova.

Zungri mi ha accolto come un figlio.
E io, da figlio, continuo a tornare.
Ogni volta più grato.
Ogni volta più commosso.

Paolo Fedele

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