Barcellona è una città che invita a vivere bene, a prendersi il proprio tempo. Ma dietro le terrazze assolate, i brunch domenicali, le biciclette al Parc de la Ciutadella e i coworking pieni di professioniste internazionali, c’è una riflessione sempre più diffusa tra le donne che hanno superato i quarant’anni: “È questo il momento giusto per diventare madre? O lo sarà mai?”
In una città in cui la maternità non è più una tappa obbligata e i modelli familiari sono quanto mai fluidi, molte donne si trovano a esplorare il desiderio di avere un figlio senza certezze, ma con crescente consapevolezza. Non c’è fretta. Ma c’è urgenza interiore. A Barcellona, dove la vita scorre più lenta che in altre capitali europee ma con un’intensità tutta sua, è possibile fermarsi a riflettere, anche su una scelta tanto radicale quanto personale.
Le quarantenni barcellonesi – catalane, spagnole, expat – sono donne istruite, indipendenti, spesso con una carriera ben avviata e una rete sociale fitta. Molte hanno costruito una vita ricca, piena, che non prevede necessariamente un figlio. Altre, invece, iniziano a percepire un vuoto nuovo, non urgente ma profondo, che le spinge a chiedersi se non sia il momento di aprire un’altra porta.
Quello che accomuna entrambe le prospettive è la libertà di potersi porre la domanda. “Lo voglio davvero io, o è una risposta alle aspettative familiari?”, “Se non lo faccio, me ne pentirò?”, “Se lo faccio, sarò felice oppure esausta?” In una Barcellona che promuove la diversità e accetta con naturalezza scelte di vita non convenzionali, anche l’indecisione è vissuta senza stigmi.
Qui il fence sitting – lo “stare sulla staccionata”, sospese tra due possibili vite – è una condizione comune e rispettata. È il tempo del dubbio, della riflessione, della possibilità di non scegliere subito. E di potersi raccontare senza giudizio. Le donne si confrontano nei bar di Gràcia, nelle librerie di El Raval, nelle lezioni di yoga o nelle community online dove l’età, l’identità e le aspirazioni si mischiano e si interrogano a vicenda.
La città offre un buon accesso alla sanità pubblica e alla procreazione medicalmente assistita, e per chi decide di intraprendere il percorso genitoriale in autonomia o in coppia, ci sono strumenti a disposizione. Ma non è (solo) una questione di logistica. Il punto è emotivo. Intimo. E spesso silenzioso.
Molte donne raccontano di sentirsi divise tra due versioni di sé: quella che immagina un figlio tra le braccia, e quella che teme di perdere la libertà faticosamente conquistata. La verità, dicono, non sta in una risposta secca, ma nella capacità di vivere con quella domanda. Di ascoltarla. Di accettare che non c’è un momento perfetto. Né una scelta priva di conseguenze.
Barcellona, con il suo equilibrio tra caos e calma, è il luogo ideale per abitare questo spazio grigio, questa zona intermedia dove la maternità non è un dovere né una rinuncia, ma una possibilità. Da prendere o lasciare. Ma da esplorare fino in fondo.
Perché, come molte quarantenni barcellonesi hanno imparato, non c’è nulla di sbagliato nel non sapere. L’importante è che, alla fine, la scelta sia davvero tua.
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