Sono trascorsi oltre trent’anni dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio, in cui persero la vita due figure centrali della lotta alla mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Due uomini, due magistrati, due servitori dello Stato uniti da un legame profondo e da una missione comune: combattere Cosa Nostra con il coraggio della legalità e la forza della giustizia
Il 23 maggio 1992, sull’autostrada all’altezza di Capaci, un attentato dinamitardo uccide Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta.
Solo 57 giorni dopo, il 19 luglio 1992, la mafia colpisce ancora: in via D’Amelio, a Palermo, un’autobomba toglie la vita a Paolo Borsellino e a cinque agenti di scorta.
Due stragi, lo stesso mandante: la mafia, ma soprattutto lo stesso motivo. Falcone e Borsellino avevano scardinato, con il Maxiprocesso e con un lavoro instancabile, i meccanismi interni di Cosa Nostra. Avevano colpito i boss nei loro interessi economici e dimostrato che la giustizia, se ben guidata, può davvero sconfiggere il crimine organizzato. Questo li ha resi bersagli.
Oggi, il rischio più grande è che vengano ricordati solo come vittime. Ma Falcone e Borsellino non sono solo nomi da pronunciare nelle commemorazioni ufficiali. Sono modelli di vita civile, esempi da seguire, coscienze da risvegliare.
Hanno vissuto sotto scorta, lontani da una vita normale, con la consapevolezza che il loro destino era segnato. Eppure non hanno mai smesso di credere nello Stato, nella Costituzione, nella possibilità di cambiare le cose.
“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola” diceva Borsellino.
“Gli uomini passano, le idee restano” aggiungeva Falcone.
Il loro lascito è un invito a non restare indifferenti, a lottare per la verità, a studiare, capire, scegliere da che parte stare. Non basta una giornata della memoria: occorre educare le coscienze, formare giovani cittadini responsabili, promuovere una cultura della legalità che non sia vuota retorica, ma prassi quotidiana.
Ricordarli è importante.
Emularli è doveroso.
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