Con il nuovo singolo Silenzio, gli AABU proseguono nel loro percorso artistico tra istinto e consapevolezza, firmando un brano che unisce energia elettronica e profondità emotiva. Il titolo apparentemente minimale nasconde un universo di significati: il silenzio come maschera, come difesa, come assenza di comunicazione, ma anche come spazio per l’ascolto e la riflessione. La scelta di sonorità synth-pop anni ’80, costruite insieme al produttore Simone Laurino, amplifica il contrasto tra la leggerezza del ritmo e la densità del messaggio.
Non un classico tormentone estivo, ma un compromesso sincero tra corpo e coscienza: Silenzio invita a muoversi, ma anche a guardarsi dentro. Nell’intervista, la band racconta il processo creativo dietro il brano, il nuovo approccio alla scrittura in studio e il piacere di tornare a sperimentare con la voce di Mattia, finalmente protagonista.
Qual è stato il processo creativo dietro la nascita di “Silenzio”?
Come spesso accade per le nostre canzoni, tutto nasce in modo semplice e diretto: una chitarra, una voce, una melodia che affiora all’improvviso nella testa.
Da lì, parte il lavoro di scrittura: un messaggio da raccontare e da condividere con urgenza.
Una volta trovato il cuore del brano, portiamo tutto in studio: ed è lì che avviene la magia. L’unione creativa di sei teste trasforma quella scintilla iniziale in una canzone vera e propria.
Che tipo di sonorità avete scelto per accompagnare il tema del brano e perché?
Lavorando con Simone Laurino, il nostro produttore, abbiamo deciso di esplorare sonorità sintetiche ed elettroniche, capaci di evocare il concetto stesso di maschera.
La scelta di un beat incalzante, ispirato alle sonorità anni ’80, in contrasto con la profondità del testo, crea un cortocircuito che rappresenta perfettamente il tema: dietro l’apparenza ritmata e accattivante si cela un’urgenza emotiva profonda.
Avete lavorato in studio con la volontà di dare più spazio all’istinto o alla costruzione razionale del pezzo?
L’obiettivo era chiaro: non perdere mai l’intensità e la chiarezza del messaggio.
Ultimamente, il nostro approccio in studio è cambiato: lavorando con synth, beat elettronici e sonorità più digitali, ci siamo allontanati dalla classica scrittura da sala prove.
Questo ci ha permesso di sezionare meglio le parti del brano, scegliere con più consapevolezza i suoni e sperimentare in modo più razionale. È un processo nuovo per noi, ma lo stiamo scoprendo con entusiasmo: ci diverte, ci stimola e ci spinge a esplorare territori ancora sconosciuti.
Come avete fatto convivere l’invito alla riflessione con un beat da ballare?
Ci eravamo detti: vogliamo una canzone estiva! Ma la verità è che non sappiamo — e forse non vogliamo — scrivere un classico tormentone da spiaggia.
Non ci appartiene.
“Silenzio” è il nostro compromesso: un brano che può far muovere il corpo, ma che nel frattempo vuole scuotere anche l’anima.
Sotto la superficie danzereccia, si nasconde un concetto forte, profondo, emotivo. È una buona “maschera” ritmica per un messaggio che, invece, vuole guardare negli occhi.
C’è un dettaglio nella produzione di cui siete particolarmente fieri e che spesso sfugge all’ascolto?
Sì: finalmente un’intro che ci rappresenta pienamente!
… e la voce di Mattia. E’ tornata!
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