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I quaderni di Nonna Pinna storia antropica e sociale della cultura meridionalistica

I Quaderni di nonna Pina di Maria Antonia (Antonietta) Silvaggio, Adhoc edizioni, come scrive il professore Vito Teti che ha curato la presentazione del corposo volume “è una ricerca originale ed eccezionale”, un volume ricco di cultura sociale, tradizione religiosa, comportamentalità che l’autrice, con sapienza scientifica ha reso documento prezioso dell’anima della comunità di San Gregorio, nella provincia di Vibo Valentia. Come scrive l’etnologo Vito Teti, quest’opera “rientra nello studio delle culture orali” già dallo studioso esperienziatee nell’Acqua di Gangà (altro monumentale lavoro socio-antropico psicologico) per meglio leggere una Calabria – crocevia di diverse culture, dialetti e costumanze – un Sud ricco di memorie storico-religiose e singole comunità che divengono centri focali dei racconti, delle magie, delle tradizioni e dei miti del Mediterraneo.

L’opera della Silvaggio – originaria di Maierato – vede due donne impegnate al recupero do memorie multiple di un passato che hanno caratterizzato la nostra calabresità. Principale protagonista è la signora Filippina Natale (nonna Pina) classe 1920) che annota ogni cosa, ogni respiro, ogni preghiera, ogni cibo all’interno di quaderni che diventano sacrario dove incontrarsi con l’identità dell’essere gente di San Gregorio d’Ippona; e la nuova e la nuova Antonietta Silvaggio cultrice di storia popolare e delle tradizioni popolari. Nei Quaderni di nonna Pina ci sono “i Cosi i Ddeu”, i “cosi chi dicenu antichi”, i “cosi chi nci dicenu na vota” secondo forme paremiologiche, racconti (cunti popolari) e in questo sentire di voci di Eliottiana memoria si percepiscono ancora il tempo e gli spazi delle diverse narrazioni: della festa, della partenza verso le Americhe, del cibo e dei rapporti tra familiari e paesani.

Siamo difronte ad una raccolta organica di memorie, di materiale orale di interazioni sociali e funzionali secondo il pensiero del sociologo e antropologo Malinowski. Pagina dopo pagina l’autrice ci fa entrare attraverso la strategia di multiple voices di eliottiana memoria dentro la vita di ieri che ancora roggi è viva, fa sentire il suo spirito, è emozionate guida a cui ancorarsi verso questa continua trasformazione sociale fuori dai rumori che stordiscono e fanno perdere l’orientamento dei valori umani e questo grazie a queste salde radici qui presentate secondo canoni identitari per rispondere e chiarire – come scrive il Professore Damiano Pietropaolo – Who are we? (chi siamo), Where are we? Dove siamo? L’opera è una serie di frames con il filo conduttore unico di non perdere mai la memoria unica garante di didentità sottolineva l’illustre Etnologo Luigi Maria Lombardi Satriani. Un’opera quella della Silvaggio che si lega alla grande letteratura europea di fine Ottocento prima metà del Novecento che nella cinematografia trova sentire nel famoso film “ il Profumo del mosto selvatico” con Kenau Reeves.

Pino Cinquegrana

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