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Tra jazz e funk, in una metropoli immaginaria: «Encounters» di Francesco Rubino e Tommaso Genovesi 4et (Isulafactory, 2025)

L’insiemistica di differenti elementi costitutivi e di linguaggi molteplici potrebbe, talvolta, risultare sbilanciata. Diversamente, l’incontro al vertice fra il chitarrista / bassista Francesco Rubino ed il pianista Tommaso Genovesi ha generato un interessante lavoro di sintesi, fugando ogni perplessità in proposito.

// di Francesco Cataldo Verrina //

In un’epoca in cui l’arte combinatoria di stilemi e moduli espressivi sembra essere una delle più diffuse iniezioni vitaminiche e pratiche di rivitalizzazione del jazz contemporaneo, la fusion è certamente una delle vie praticabili e praticate, anche se non sempre agevole L’insiemistica di differenti elementi costitutivi e di linguaggi molteplici potrebbe risulta sbilanciata, talvolta dosata seguendo un bignamino scolastico o fortemente tributaria a taluni modelli del passato come Weather Report, Mahavishnu Orchestra o Return To Forever, solo per fare qualche nome eclatante. Diversamente L’incontro al vertice fra il chitarrista / bassista Francesco Rubino ed il pianista Tommaso Genovesi ha generato un interessante lavoro di sintesi, fugando ogni perplessità in proposito. Il loro album «Encounters», uscito per Isulafactory, riesce a gestire con equilibrio le carte nautiche della storia , nonché quelle di una visione del jazz contemporaneo multistrato. Il nucleo gravitazionale dell’idea s’innesta proprio sul common ground di due personalità creative apparentemente antitetiche, ma che nella sintesi trovano un immediato punto di saldatura, di agilità esecutiva e di compensazione quasi mutualistica.

«Encounters» è un album di forte impatto emotivo e strumentale che descrive in itinere il viaggio-disagio per le strade di una metropoli surreale, dove sonorità ed intrecci sembrano a tratti descrivere gli effetti e i difetti dei una società sempre più veloce, in cui gli individui si guardano ma non si vedono, si sfiorano ma non i toccano. Nonostante una doppia anima pervada costantemente l’impianto sonoro, il lunghi fraseggi strumentali, le sapide fasi improvvisative e la sinergia fra i sodali creano una omogenizzazione formale e sostanziale dell’album nella sua interezza. Qualche punta di merito va anche al batterista Loris Amato ed al sassofonista del quartetto Gaetano Cristoforo. Assai fluidificanti risultano gli interventi sulla quarta traccia di Rino Cirinnà al sax soprano e di Giulio Maria Genovesi, sacerdote laico dell’effettistica elettronica (tracce 1 e 7).

L’opener-track, dal titolo emblematico, ossia «Nevrotica», è una composizione tagliente e innervata su un groove funkfied. Dopo una sorta di magma iniziale, dettato dall’elettronica di Giulio Maria Genovesi, l’impianto ritmico-armonico si distende attraverso un’esplorazione suburbana che scava nei meandri e negli angiporti di una città, in cui il tempo degli uomini sembra correre più veloce delle lancette dell’orologio, mentre la chitarra di Rubino diventa lo spirito guida. In «Possibilità» emerge l’attitudine compositiva del pianista, disposto a più miti consigli rispetto all’inquieto dinamismo di Rubino. Il quartetto allarga gli universi sonori, masticando una fusion zebrata di alta scuola, ma con uno mood più indagatore e circospetto, in cui il sassofono puntella il paesaggio, con ostinazione, sulla scorta di riff precisi e ficcanti. Con «Ornette», ma soprattutto Coleman, a firma Tommaso Genovesi, si potrebbe pensare ad una rilettura della perifrastica ornettiana collocata in una dimensione post-acustica: un modo insolito per guardare nello specchietto retrovisore, senza mami precipitare nel baratro del nostalgismo.

«La title-track «Encounters», uscita dal cilindro di Rubino, si sostanzia come una fuga free form, svicolando per vie oblique e non mappate, arricchendosi, oltremodo, della presenza del sax soprano, il quale apporta qualche reminiscenza, a metà strada tra John Coltrane e Wayne Shorter. «Smell Of Spring» è un costrutto più volatile, sotteso da una leggera brezza funky, quasi descrittivo con una tematica melodica dal gancio immediato, complice il piano di Tommaso Genovesi che assume ad interim l’incarico di nocchiero. «Infant», scritta da Rubino, ha le sembianze di un incisivo archetipo funk-fusion, in cui il sax detta tempi e modi e la chitarra ne asseconda gli intenti, mentre la retroguardia ritmica non lascia aria ferma. L’excursus metropolitano si conclude con «Bataclan», dedicata al famoso teatro parigino, dove l’iniziale teorema del caos urbano si dischiude a nuove formule, per poi adagiarsi su una ballata plumbea ed autunnale che rallenta il battito del mondo, secernendo fiotti di suggestioni quai filmiche. «Encounters» di Francesco Rubino e Tommaso Genovesi 4et è un lavoro imperniato su un sostanzioso apporto compositivo e strumentale, da vivere come una visionaria escursione, fra jazz e funk, in una metropoli immaginifica.

Francesco Cataldo Verrina

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