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Quando costa la tutela della salute dei dipendenti

Per un datore di lavoro, la tutela della salute dei dipendenti è un imperativo morale, ma è anche un’attività necessaria per far funzionare l’azienda, per metterla al riparo da problemi che possono coinvolgerla nel lungo periodo.

Purtroppo, le buone intenzioni, quando si parla della tutela della salute dei dipendenti si scontrano il timore di gestire costi gravosi. 

Quanto c’è di vero nella paura di spendere “troppo”? Vediamo di scoprirlo, facendo riferimento alla risorsa più importante in questo caso: il medico del lavoro.

La soluzione del medico del lavoro

Prima di tutto, è bene comprendere i reali benefici dell’attività di tutela. Non è solo una questione etica, emotiva e “umanitaria”. E’ anche e soprattutto una questione economica.

Dipendenti tutelati sono dipendenti che corrono un rischio minore di contrarre le cosiddette malattie professionale, ovvero patologie cagionato dall’attività professionale e maturate nel luogo di lavoro. Le malattie professionali sono acute nella migliore delle ipotesi, dunque “costano” all’imprenditore solo qualche giorno o settimana di assenza del lavoratore

Possono però anche essere croniche, e porre in essere problemi gravosi e a lungo termine: il lavoratore si trova impossibilitato a lavorare o compromesso nelle sua attività per molto tempo.

E’ essenziale, dunque, prevenire le malattie professionali, o risolverle nel più breve tempo possibile. Per farlo, è necessario nominare il medico del lavoro. Questa figura, inquadrata dalle norme vigenti, è un medico specializzato in materie inerenti alla medicina del lavoro o, in alternativa, autorizzato alla loro docenza. 

Il suo scopo è proprio questo: la tutela della salute dei dipendenti. Lo fa attraverso alcune attività, anch’esse standardizzate dalle norme, benché suscettibili a un legittimo margine di manovra.

In buona sostanza, il medico del lavoro analizza le mansioni e l’ambiente di lavoro, individuandone i potenziali rischi per la salute dei lavoratori. Successivamente redige il protocollo sanitario, che consiste nell’organizzazione delle visite mediche periodiche. In questa occasione, il medico del lavoro decide la tipologia delle visite e la loro frequenza.

Ovviamente, è lo stesso medico del lavoro a predisporle. Inoltre, esegue visite per stabilire l’idoneità in caso di assunzione o di ritorno da un periodo di malattia. Può svolgere visite anche su richiesta, fuor di protocollo, nel caso in cui il lavoratore ne avvertisse la necessità. 

La nomina del medico del lavoro è obbligatoria in alcuni casi. Questi sono stati descritti in modo abbastanza chiaro dal legislatore. In particolare, devono nominare un medico del lavoro i datori di lavoro che predispongono attività potenzialmente  pericolose o usuranti come la movimentazione dei carichi, l’esposizione a sostanze corrosive / chimiche / radioattive, l’uso continuato di videoterminali, le mansioni notturne e altre ancora. 

Il costo del medico del lavoro, il costo di non nominarlo

Il legislatore ha predisposto sanzioni importanti per chi disattende l’obbligo. Si parla, infatti, di qualche migliaio di euro e persino di qualche mese di arresto. Dunque, è bene non disattendere all’eventuale obbligo e nominare nel più breve tempo possibile il medico competente.

Quindi, un primo costo della “non nomina”, in caso di obbligo, è proprio questo: sanzioni amministrative e penali.

E per chi non è soggetto all’obbligo? Ebbene, anche loro dovrebbero nominare un medico del lavoro. Emerge, in questo contesto, la necessità di comprendere il “prezzo” del medico del lavoro. Per i dati più precisi, e quindi per rispondere completamente alla domanda quanto costa la medicina del lavoro, vi consigliamo di leggere l’approfondimento del dott. Augusto Bastianello, medico del lavoro che opera a Milano e a Pordenone, dunque addentro alla questione.

Specifichiamo subito, però, che il costo è ben proporzionato ai benefici, anche in assenza di obbligo. Tali benefici infatti sono preziosi per il destino delle aziende. Il riferimento è alla possibilità di predisporre un ambiente di lavoro sereno, in cui i lavoratori si sentono tutelati e non sfruttati, e dunque lavorano meglio. 

Il riferimento è anche alla possibilità di mettersi al riparo da bruschi e improvvisi cali di produttività. E’ ovvio: se un lavoratore si ammala, la produttività ne risente, e anche parecchio. Dunque, al netto delle considerazioni etiche e morali (che comunque hanno la priorità) sarebbe meglio evitare.Va considerata poi la questione delle azioni risarcitorie, che sono sempre possibili nonostante le coperture assicurative. Lavoratori più sicuri, e che si sentono tali, in primo  luogo vanno incontro a un rischio minore di ammalarsi i farsi male; in secondo  luogo difficilmente intenteranno azioni risarcitorie, anche qualora riscontrassero problemi fisici.

Redattore Travel

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