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Nanotrappole per catturare le sostanze inquinanti

Trappole chimiche per catturare le sostanze inquinanti conosciute come sostanze Pfas, che contaminano le riserve di acqua potabile in tutto il mondo. È quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Inorganic Chemistry e condotto dagli esperti dell’Università di Buffalo, che hanno usato ferro e sostanze organiche che si combinano per formare una gabbia tetraedrica in grado di intrappolare gli inquinanti.

“Abbiamo sfruttato le proprietà chimiche degli elementi e delle sostanze per realizzare una struttura in grado di intrappolare gli inquinanti. La nostra speranza è quella di poter contribuire al trattamento delle acque inquinate e diminuire la presenza di queste sostanze chimiche tossiche che possono compromettere la salute umana”, spiega Diana Aga, docente di Chimica presso l’Università di Buffalo.

“Studi recenti hanno dimostrato gli effetti negativi dell’esposizione ai Pfas, tra cui la riduzione del peso alla nascita, la riduzione della fertilità o l’aumento del rischio di diabete e tumori. Siamo entusiasti di questi risultati che dimostrano la possibilità di catturare alcune molecole dannose e delle eventuali evoluzioni del nostro contributo. Speriamo di riuscire a realizzare una struttura in grado anche di scindere le molecole e distruggere gli inquinanti catturati”, aggiunge Timothy Cook, collega e coautore di Aga.

“I Pfas sono un gruppo di sostanze chimiche artificiali utilizzate in ambiti diversi, dall’imballaggio degli alimenti ai rivestimenti antiaderenti alle schiume antincendio e così via. Sono sostanze che non si degradano facilmente, e restano nell’ambiente per lungo tempo, sono stati infatti rilevati nelle forniture di acqua potabile in tutto il mondo”, precisa Aga, citando un recente lavoro pubblicato sulla rivista Chemosphere che l’ha vista impegnata nella ricerca di inquinanti in Thailandia e nelle Filippine.

“Abbiamo trovato queste sostanze tossiche nelle acque superficiali, nelle bottiglie e nelle fonti di approvvigionamento. Altri studi hanno dimostrato che i Pfas si accumulano nel sangue. Per questo abbiamo deciso di indagare sulle possibili soluzioni a questa situazione”, afferma Cressa Ria P. Fulong, terza firma dell’articolo, spiegando che le trappole sono state realizzate in laboratorio grazie a tecniche all’avanguardia, che hanno permesso agli scienziati di analizzare gli effetti dei materiali utilizzati di volta in volta per catturare i Pfas.

“Il processo ci ha portati a realizzare delle strutture di ferro, con atomi di carbonio fluorurati, acidi perfluorocarbossilici, acidi solfonici e fluorotelomeri. Ora abbiamo nuove conoscenze sul comportamento di questi inquinanti, per cui il prossimo passo sarà quello di indagare su come possiamo eliminarli a livello chimico”, spiegano gli esperti, precisando che il team è alla ricerca di metodi per sviluppare gabbie con proprietà elettrochimiche o fotochimiche in grado di rompere i legami molecolari. “Speriamo di contribuire nella lotta contro l’inquinamento. Sono necessarie ulteriori ricerche, ma siamo molto ottimisti su questo fronte”, conclude Aga.

Redattore Travel

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